Roma e Bruxelles: Firme Unite nel No agli Asset Russi Congelati

Pubblicato: 13/12/2025, 08:26:185 min
Scritto da
Gaetano Logatto
Categoria: Cronaca
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Roma e Bruxelles: Firme Unite nel No agli Asset Russi Congelati

La Resistenza Italiana al Piano di Utilizzo degli Asset Russi

L'allineamento strategico tra Roma e la sede delle istituzioni europee, Bruxelles, sta vivendo un momento di tensione inaspettato riguardo alla gestione dei beni sovrani russi congelati in Europa a seguito dell'invasione dell'Ucraina. Mentre la maggior parte degli Stati membri dell'Unione Europea sembra orientarsi verso l'utilizzo degli interessi generati da circa 210 miliardi di euro di asset russi bloccati per finanziare la ricostruzione e il supporto militare a Kiev, l'Italia ha espresso forti riserve, unendosi a un fronte critico che include Malta e la Bulgaria. Questa posizione, emersa da documenti interni consultati da testate internazionali, segnala una divergenza significativa sulla pericolosità di un precedente giuridico che potrebbe minare la stabilità finanziaria globale. Il governo italiano, pur mantenendo una ferma condanna delle azioni del Cremlino, è preoccupato per le implicazioni a lungo termine di una confisca o di un utilizzo unilaterale degli interessi maturati su tali fondi. La questione non è tanto la destinazione finale dei proventi – che l'Italia sostiene debbano andare all'Ucraina – quanto la *modalità* con cui vengono prelevati. L'obiezione principale sollevata da Roma riguarda il rischio di ritorsioni da parte della Federazione Russa contro gli asset italiani detenuti all'estero e, più ampiamente, la potenziale erosione della fiducia nel sistema finanziario internazionale basato sulla sovranità degli asset statali.

Le Preoccupazioni Giuridiche e Finanziarie Sottostanti

La discussione in seno al Consiglio europeo verte sulla distinzione tra la confisca del capitale e l'utilizzo dei soli profitti generati da esso. La Commissione Europea, guidata da Ursula von der Leyen, ha proposto di destinare i proventi (stimati in circa 3 miliardi di euro all'anno) a un fondo dedicato all'Ucraina. Tuttavia, il blocco guidato da Bruxelles e Berlino incontra l'opposizione di chi, come l'Italia, teme che anche l'utilizzo degli interessi possa essere interpretato da Mosca come un atto di esproprio illegittimo. Secondo analisi condotte da esperti di diritto internazionale economico, la linea di demarcazione è sottile ma cruciale. Come evidenziato da approfondimenti dell'Istituto Affari Internazionali (IAI), la giurisprudenza internazionale tende a proteggere la sovranità degli asset statali, anche in tempi di conflitto, a meno che non vi sia una risoluzione ONU specifica o un consenso quasi unanime. L'Italia, storicamente attenta ai rapporti economici con l'Est, vede in questa mossa una potenziale escalation non necessaria che potrebbe danneggiare le imprese italiane operanti in giurisdizioni meno stabili.

La Ricerca di Soluzioni Alternative e il Ruolo del Belgio

Il Belgio, che ospita la maggior parte di questi fondi congelati, principalmente attraverso la camera di compensazione Euroclear, si trova in una posizione delicata. Essendo il depositario *de facto* di gran parte della liquidità, la sua posizione è cruciale per l'attuazione di qualsiasi piano. Il fatto che Bruxelles abbia espresso un veto formale, supportato da Roma, suggerisce che il fronte del "no" non è isolato ma sta cercando attivamente una via d'uscita che soddisfi l'obiettivo di aiutare Kiev senza violare principi legali fondamentali. La richiesta congiunta inoltrata alla Commissione Europea è chiara: trovare un meccanismo alternativo che non implichi l'uso diretto degli interessi degli asset sovrani russi. Alcune proposte alternative, discusse in circoli ristretti, includono l'emissione di *bond di solidarietà* garantiti da altri asset europei o l'utilizzo di fondi derivanti da sanzioni mirate contro individui e oligarchi, piuttosto che contro lo Stato russo nella sua interezza. Il quotidiano Il Sole 24 Ore ha sottolineato come la prudenza italiana sia motivata anche dalla necessità di preservare la credibilità del sistema finanziario italiano, particolarmente sensibile a shock esterni.

Le Implicazioni Geopolitiche del Fronte Comune

L'asse che si sta formando tra Roma, Bruxelles (intesa come la capitale politica europea, non solo la sede istituzionale) e gli altri Stati dissidenti evidenzia una crescente polarizzazione all'interno dell'UE su come gestire le conseguenze economiche della guerra. Sebbene l'unità politica contro la Russia rimanga solida, le tattiche economiche stanno rivelando crepe. L'approccio italiano, pragmatico e legalistico, si scontra con l'urgenza percepita da altri partner di fornire supporto immediato e massiccio all'Ucraina. La posizione italiana è stata rafforzata dal parere di think tank come il Carnegie Endowment for International Peace, che spesso evidenzia come le sanzioni debbano essere sostenibili nel tempo e legalmente inattaccabili per massimizzare il loro effetto. Il rifiuto di utilizzare gli asset russi in modo controverso non è un segno di debolezza verso Mosca, ma piuttosto una strategia volta a garantire che le misure adottate oggi non si ritorcano contro l'Europa domani, mantenendo integrità e prevedibilità nelle relazioni finanziarie internazionali. L'esito di questo dibattito definirà non solo il futuro supporto all'Ucraina, ma anche le regole del gioco per la gestione dei beni sovrani in contesti di conflitto futuri.

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