Il governo israeliano ha approvato la costruzione di 19 nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata, un passo che ha provocato condanne internazionali da parte di organizzazioni per i diritti umani e governi stranieri. Questa decisione rafforza le tensioni nella regione, minando le prospettive di una soluzione a due stati. L'articolo esplora il contesto, le reazioni e le implicazioni geopolitiche.
L'approvazione dei nuovi insediamenti
Il Cabinet israeliano ha recentemente approvato una proposta per la realizzazione di 19 nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata, segnando un netto aumento rispetto agli anni precedenti. Secondo dati del gruppo di monitoraggio Peace Now, il numero di tali autorizzazioni è passato da 141 nel 2022 a livelli record sotto il governo di estrema destra attuale. Questa mossa rappresenta un'espansione significativa delle colonie considerate illegali dalla comunità internazionale ai sensi del diritto internazionale.
La decisione è stata presa domenica scorsa, in un contesto di crescenti tensioni nella regione. Esperti come la ricercatrice di Amnesty International Budour Hassan hanno denunciato che tali insediamenti 'rafforzano il sistema di apartheid osservato in Cisgiordania'. Il piano include la legalizzazione di avamposti esistenti e la creazione di nuovi siti abitativi, con un impatto diretto sulle terre palestinesi.
Questa approvazione giunge dopo che quattro insediamenti nella zona di Jenin, precedentemente revocati, sono stati rinnovati dal governo israeliano. Tale azione riflette una politica di consolidamento territoriale che altera demograficamente il paesaggio della West Bank, complicando ulteriormente i negoziati di pace e le aspirazioni palestinesi per uno stato indipendente.
Il contesto storico e legale
Gli insediamenti israeliani nella Cisgiordania occupata sono al centro del conflitto israelo-palestinese da decenni. La Quarta Convenzione di Ginevra del 1949 proibisce a una potenza occupante di trasferire la propria popolazione nei territori conquistati, una norma violata secondo risoluzioni ONU come la 2334 del 2016. Israele contesta questa interpretazione, sostenendo che i territori siano 'contesi' anziché occupati.
Sotto il governo attuale, guidato da figure di estrema destra, si è registrato un boom nelle approvazioni: dal 2023, migliaia di unità abitative sono state autorizzate, con un ritmo triplicato rispetto al passato. Organizzazioni come Human Rights Watch documentano come questi insediamenti frammentino il territorio palestinese, rendendo impraticabile la creazione di uno stato contiguo.
Storicamente, i primi insediamenti post-1967 sono stati giustificati da Israele per motivi di sicurezza, ma la Corte Internazionale di Giustizia ha ribadito la loro illegalità nel parere consultivo del 2004. Oggi, oltre 700.000 israeliani vivono in colonie in Cisgiordania e Gerusalemme Est, un fattore chiave nelle tensioni persistenti.
Reazioni internazionali e condanne
La comunità internazionale ha reagito con fermezza: l'Unione Europea ha condannato l'approvazione come 'un ostacolo irreversibile' alla pace, mentre gli Stati Uniti, nonostante il sostegno tradizionale a Israele, hanno espresso 'profonda preoccupazione' attraverso il Dipartimento di Stato. Amnesty International ha definito la mossa un 'entrenchment dell'apartheid'.
Paesi arabi come Giordania e Arabia Saudita hanno richiamato l'attenzione sul rischio di escalation, legando la normalizzazione con Israele alla fine dell'occupazione. L'Autorità Palestinese ha annunciato ricorsi alla Corte Penale Internazionale, accusando Israele di crimini di guerra legati all'espansione coloniale.
Anche alleati come Germania e Francia hanno invocato sanzioni mirate contro i responsabili degli insediamenti. Questa ondata di critiche sottolinea come la decisione sia percepita non solo come una violazione legale, ma come un passo indietro negli sforzi diplomatici per una soluzione a due stati.
Implicazioni per la pace e il futuro
L'approvazione di questi 19 insediamenti minaccia di rendere permanente l'occupazione, riducendo drasticamente lo spazio vitale per uno stato palestinese. Analisti stimano che l'espansione coloniale controlli ormai il 42% della Cisgiordania, con strade riservate agli israeliani che isolano le comunità palestinesi e limitano l'accesso a risorse idriche e agricole.
Le tensioni sul campo sono escalate: raid israeliani e attacchi di coloni hanno causato decine di morti palestinesi solo nell'ultimo mese, secondo rapporti di Al Jazeera. Questo ciclo di violenza complica gli sforzi di mediazione internazionale, come quelli del Quartetto per il Medio Oriente.
Per il futuro, esperti avvertono che senza un congelamento degli insediamenti, la soluzione a due stati diventerà irrealistica entro il 2030. Israele potrebbe puntare a un'annessione de facto, mentre i palestinesi rafforzano la resistenza diplomatica e legale. Una risoluzione richiede pressione internazionale coordinata e negoziati inclusivi.
