Quando addomesticammo davvero i gatti?

Pubblicato: 21/12/2025, 18:42:134 min
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Redazione
Categoria: Tecnologia
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Quando addomesticammo davvero i gatti?
Le origini controverse della domesticazione felina tra scienza e archeologia

Un viaggio nelle prove archeologiche e genetiche che rivelano quando e come l'uomo ha stretto un patto con il gatto selvatico, trasformandolo nel compagno domestico di oggi. Tra Mezzaluna Fertile, Nord Africa e Cipro, emergono date e luoghi dibattuti.

Le origini nella Mezzaluna Fertile

La domesticazione del gatto è comunemente collocata circa 12.000 anni fa nella Mezzaluna Fertile, regione che si estende dal Levante al Golfo Persico. In quel periodo, l'avvento dell'agricoltura segnò il passaggio da società nomadi a stanziali, creando scorte di cereali che attirarono i gatti selvatici. Questi felini, attratti dai roditori che infestavano i granai, iniziarono una simbiosi naturale con gli umani: i gatti proteggevano le derrate in cambio di cibo facile e riparo. Questa relazione reciproca, nota come domesticazione autoindotta, differisce da quella forzata di altre specie come cani o bovini.

Le prime testimonianze archeologiche rafforzano questa ipotesi. Resti ossei di gatti associati a contesti umani appaiono intorno al 9500 a.C., ma con incertezze cronologiche significative. La sottospecie Felis silvestris lybica, originaria del Nord Africa e del Vicino Oriente, è identificata come l'antenato diretto dei gatti domestici moderni. Studi genetici confermano che non vi furono multiple domesticazioni indipendenti, ma un unico evento evolutivo legato alla rivoluzione neolitica. Questa fase epipaleolitica vide l'addomesticamento parallelo di piante e animali, con il gatto che si inserì naturalmente come predatore efficiente.

Tuttavia, la narrazione tradizionale incontra dibattiti. Alcuni ricercatori enfatizzano come la domesticazione felina sia stata graduale e non intenzionale, basata su prove indirette poiché mancano testi scritti antichi. Il vantaggio evolutivo era chiaro: per gli umani, meno perdite agricole; per i gatti, una fonte stabile di prede. Questa dinamica pose le basi per una convivenza che si espanse ben oltre la culla neolitica.

Scoperte archeologiche decisive

La prova più antica di un gatto domestico emerge da una tomba neolitica a Cipro, datata intorno al 9500-7500 a.C. Qui, lo scheletro di un gatto sepolto accanto a un umano indica un legame affettivo o rituale, non solo utilitaristico. Poiché i gatti non sono autoctoni di Cipro, gli umani li trasportarono intenzionalmente durante migrazioni, suggerendo che la domesticazione fosse già in atto nel Mediterraneo orientale poco dopo l'invenzione dell'agricoltura.

Analisi del DNA antico su resti felini ribaltano parzialmente la teoria mediorientale. Uno studio recente posiziona le origini nel Nord Africa, con i precursori dei gatti domestici che migrarono in Europa solo 2000 anni fa. Questo sposta il focus da Israele o Mesopotamia verso Egitto e Libia, dove Felis silvestris lybica prosperava. I ritrovamenti ciprioti, pur significativi, potrebbero riguardare gatti semi-selvatici tollerati per il controllo roditori, non pienamente addomesticati.

Queste scoperte evidenzano la complessità: archeologia e genetica si intrecciano per datare l'inizio intorno ai 10.000 anni fa, ma con variabili locali. A Cipro, l'assenza di segni di caccia suggerisce che il gatto fosse già un compagno, non preda, confermando un processo neolitico diffuso nel Mediterraneo.

Il dibattito tra Nord Africa e Mesopotamia

Ricerca genetica distingue chiaramente: i gatti domestici derivano da un unico pool di Felis silvestris lybica mesopotamico o nordafricano, non da domesticazioni multiple come per bovini o maiali. Intorno a 10.000 anni fa, agricoltori neolitici tollerarono gatti selvatici nei villaggi per il loro ruolo anti-roditori, favorendo una selezione naturale verso tratti meno aggressivi. Questo 'addomesticamento passivo' avvenne durante la transizione da cacciatori-raccoglitori a sedentari.

Studi contrastanti alimentano il dibattito. National Geographic enfatizza il Nord Africa, con espansione europea via fenici e punici, mentre altre fonti privilegiano la Mesopotamia come culla unica. Mancano fonti scritte, quindi antropologi si affidano a resti ossei e analisi genomiche. Entrambe le specie beneficiarono: umani salvarono raccolti, gatti ottennero habitat sicuri e prede abbondanti.

La revisione antropologica parla di 'epipaleolitico' per processi graduali, non rivoluzione neolitica netta. Genetica conferma un'origine unica, con diffusione via migrazioni umane, risolvendo parzialmente il quandopreciso: non prima di 12.000 anni fa, consolidato entro 9.000.

Diffusione globale e eredità moderna

Con i Romani, i gatti si diffusero dall'Egitto in tutto l'Impero via Alessandria, raggiungendo l'Europa continentale entro l'anno 1000. Rotte commerciali li portarono in Asia, mentre in America arrivarono post-Colombo. Questo espanse la sottospecie lybica, ibridandosi minimamente con selvatici locali.

Nel Medioevo, gatti divennero onnipresenti in città europee, custodi di granai. Evolutivamente, conservano tratti selvatici: pelo tigrato mimetico, istinti predatori, indipendenza. DNA moderno è 95% simile a selvatici, spiegando comportamenti come marcare territorio o cacciare.

Oggi, cinquanta razze riconosciute derivano da quell'addomesticazione antica. La storia insegna che il gatto scelse l'uomo per convenienza reciproca, non sottomissione, rendendolo il mammifero domestico meno alterato geneticamente. Prove archeogenetiche continuano a raffinare la timeline, confermando un patto neolitico duraturo.

<span class="src">Fonte: https://news.google.com/search?q=Quando+abbiamo+%28davvero%29+addomesticato+i+gatti%3F&hl=it&gl=IT&ceid=IT:it. </span>

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