Il Cremlino ha categoricamente negato che siano in corso discussioni per colloqui trilaterali tra Russia, Stati Uniti e Ucraina, nonostante le riunioni diplomatiche in corso a Miami. Zelensky ha espresso scetticismo sull'iniziativa americana, mentre Mosca minimizza l'ipotesi di negoziati diretti dopo mesi di stallo.
La smentita ufficiale del Cremlino
Il portavoce del Cremlino ha negato con fermezza che colloqui trilaterali tra Russia, Stati Uniti e Ucraina siano in discussione. Yuri Ushakov, consigliere per la politica estera del presidente Vladimir Putin, ha dichiarato che 'al momento nessuno ha discusso seriamente questa iniziativa e, per quanto ne so, non è in preparazione'. Questa posizione arriva proprio mentre delegazioni diplomatiche si riuniscono a Miami per negoziati mirati a porre fine al conflitto in Ucraina, segnando un momento di potenziale svolta dopo mesi di diplomazia indiretta. La smentita sottolinea la diffidenza di Mosca verso formati che includano direttamente Kiev e Washington, preferendo canali bilaterali o mediati da terze parti.
Le dichiarazioni di Ushakov riflettono una linea cauta del Cremlino, che vede nei negoziati trilaterali un rischio di complicazioni. Secondo fonti russe, non è stata avanzata alcuna proposta concreta rivista dagli Stati Uniti dopo i precedenti incontri tra diplomatici americani, ucraini ed europei. Kirill Dmitriev, inviato economico di Putin, è arrivato a Miami per consultazioni, ma il suo ruolo appare limitato a un briefing preliminare senza implicazioni per trattative ad alto livello. Questa mossa evidenzia come Mosca stia testando le acque senza impegnarsi formalmente, mantenendo aperte le opzioni per future discussioni dirette.
La negazione del Cremlino giunge in un contesto di intense attività diplomatiche, con la presenza di rappresentanti russi accanto a ucraini ed europei. Nonostante ciò, Ushakov ha ammesso di non sapere nemmeno se i delegati ucraini siano effettivamente a Miami, alimentando dubbi sulla trasparenza e sulla reale portata degli incontri. Questo atteggiamento riflette la profonda sfiducia accumulata dopo l'invasione su larga scala, entrata nel suo quarto anno, e suggerisce che qualsiasi progresso richiederà concessioni reciproche non ancora emerse.
La posizione di Zelensky e l'idea americana
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha rivelato che Washington ha proposto l'idea di colloqui trilaterali, ma ha espresso scetticismo sul loro potenziale impatto. Secondo Zelensky, un tale formato rappresenterebbe i primi negoziati faccia a faccia tra russi e ucraini in sei mesi, ma dubita che porti a progressi sostanziali nella fine della guerra. Questa dichiarazione, fatta un giorno prima della smentita del Cremlino, indica che l'iniziativa parte dall'amministrazione Trump, con l'obiettivo di sbloccare lo stallo diplomatico attraverso un approccio inclusivo.
Gli incontri a Miami sono mediati da figure chiave come Steve Witkoff, inviato speciale della Casa Bianca, e Jared Kushner, genero dell'ex presidente Donald Trump. Zelensky ha suggerito che, pur non risolutivi, i trilaterali potrebbero facilitare scambi di prigionieri o gettare le basi per trattative più serie. Precedenti consultazioni a Berlino tra Witkoff, Kushner, ucraini ed europei hanno toccato garanzie di sicurezza simili all'Articolo 5 della NATO e finanziamenti per la ricostruzione post-bellica, temi che potrebbero emergere anche in Florida.
Nonostante l'ottimismo ucraino limitato, la proposta americana segnala un cambio di paradigma nella diplomazia sul conflitto. Zelensky ha contestualizzato la situazione ricordando gli attacchi russi recenti, con oltre 1.300 droni e 1.200 bombe guidate lanciate in una settimana, colpendo duramente regioni meridionali come Odessa. Questo contrasto tra violenza sul campo e diplomazia da salotto evidenzia le sfide per qualsiasi negoziato trilaterale.
Contesto dei negoziati a Miami
Le riunioni a Miami rappresentano un'evoluzione dalla diplomazia shuttle, con la presenza simultanea di delegazioni russe, ucraine ed europee. Kirill Dmitriev ha descritto gli incontri come 'costruttivi' dopo il suo arrivo sabato, ma senza dettagli su avanzamenti concreti. La Casa Bianca mira a un accordo negoziato, ma la diffidenza reciproca tra le parti complica il percorso, specialmente dopo l'ultimo round diretto a Istanbul nel luglio precedente, che produsse scambi di prigionieri ma pochi progressi sulla cessate il fuoco.
Dmitriev dovrebbe presto tornare a Mosca per riferire, suggerendo che i colloqui sono esplorativi. Il Cremlino critica l'ingerenza europea, argomentando che complica i negoziati, anche se Putin si è detto aperto a un colloquio con il presidente francese Emmanuel Macron, mossa accolta positivamente dall'Eliseo. Questo apre spiragli per canali paralleli, ma non risolve il nodo centrale dei trilaterali proposti dagli USA.
Il contesto di Miami è cruciale: segna il primo incontro ravvicinato dopo mesi, ma la smentita di Ushakov ridimensiona le aspettative. Le delegazioni ucraine ed europee sono arrivate venerdì, mentre i russi solo sabato, indicando un ritmo cauto. Gli USA spingono per garanzie di sicurezza e ricostruzione, temi vitali per Kiev, ma Mosca insiste su condizioni come la neutralità ucraina, rendendo i trilaterali un'ipotesi remota al momento.
Prospettive future e implicazioni
La negazione del Cremlino non chiude del tutto la porta ai negoziati, ma impone realismo sulle chance di trilaterali immediati. Con il conflitto che si protrae, la pressione internazionale per una soluzione cresce, specialmente con l'amministrazione Trump che privilegia approcci diretti. Zelensky vede potenziale in formati limitati, ma la sfiducia profonda, radicata in anni di ostilità, richiede passi concreti come ulteriori scambi di prigionieri per costruire fiducia.
Mosca appare aperta a bilaterali con gli USA o Europa, come indicato dall'interesse per Macron, ma resiste a includere Kiev direttamente senza pre-condizioni. Gli incontri di Miami potrebbero evolvere in consultazioni più ampie, focalizzandosi su economia e sicurezza, ma senza trilaterali formali il rischio di stallo persiste. La presenza di Kushner e Witkoff segnala impegno alto livello da Washington, potenzialmente influenzato da dinamiche interne USA.
Le implicazioni sono ampie: un fallimento a Miami rafforzerebbe le posizioni intransigenti, prolungando la guerra, mentre passi avanti potrebbero accelerare la pace. Fonti come Macau Business confermano la smentita, sottolineando come la diplomazia resti fragile. In ultima analisi, solo concessioni reciproche potranno trasformare queste riunioni in un vero turning point, con il mondo che osserva attentamente gli sviluppi da Miami.
