Le autorità russe hanno revocato la cittadinanza al giornalista investigativo Roman Anin, fondatore di IStories, a causa di una condanna per 'fake news' sul massacro di Bucha. Nato in Moldova, Anin è stato punito per il suo coraggio nel denunciare corruzione e abusi militari, in un contesto di repressione sempre più dura contro la stampa indipendente.
Chi è Roman Anin e la sua Carriera Giornalistica
Roman Anin, nato nel 1986 in Moldova, ha ottenuto la cittadinanza russa nel 2006 e si è rapidamente affermato come uno dei più coraggiosi giornalisti investigativi del paese. Iniziata la carriera presso Novaya Gazeta nello stesso anno, Anin ha dedicato anni a svelare casi di corruzione nei circoli militari, politici e aziendali, guadagnandosi una reputazione di inchiesta profonda e implacabile. Le sue rivelazioni hanno spesso messo in luce abusi di potere che altri media evitavano, contribuendo a un giornalismo indipendente in un contesto sempre più ostile.
Nel 2020, Anin ha co-fondato IStories, un outlet dedicato alle inchieste su corruzione e cronyism, che ha rapidamente guadagnato attenzione internazionale. Tra i successi, l'indagine sulla presunta figlia segreta di Vladimir Putin e il coinvolgimento nei Pandora Papers, che hanno esposto paradisi fiscali globali. IStories ha proseguito il lavoro di Anin anche dopo la sua partenza dalla Russia nel 2021, focalizzandosi su temi sensibili come la corruzione legata alla guerra in Ucraina.
La testata ha affrontato crescenti pressioni: dichiarata 'agente straniero' nel 2021 e 'indesiderabile' nel marzo 2022, ha dovuto cessare le operazioni in Russia, trasferendosi in Lettonia. Anin, ex caporedattore, ha continuato a dirigere da esilio, mantenendo viva la missione di trasparenza in un panorama mediatico controllato dal Cremlino.
La Condanna per 'Fake News' e il Contesto Legale
Nel marzo 2025, un tribunale di Mosca ha condannato Anin in contumacia a 8,5 anni di prigione per aver diffuso 'false informazioni' sulle forze armate russe, legate a un'inchiesta sul massacro di civili a Bucha, in Ucraina. L'accusa si basa su leggi introdotte dopo l'invasione del 2022, che puniscono il 'discrédito' dell'esercito e le 'fake news' sulla guerra, considerate offese gravi dal regime.
Questa normativa, ampliata nell'ottobre 2023 e luglio 2025, permette la revoca della cittadinanza acquisita per tali reati, come previsto dall'articolo 22 della legge sulla cittadinanza russa. Anin non è il primo: nel 2024, Alexander Somryakov, anch'egli moldavo naturalizzato, ha perso la cittadinanza per un post sul massacro di Bucha, segnando l'inizio di questa pratica repressiva contro i critici.
La condanna coinvolge anche la giornalista Ekaterina Fomina, co-imputata per lo stesso reportage. Tali procedimenti in absentia riflettono la strategia russa di silenziare voci dissidenti all'estero, rendendo impossibile il ritorno in patria senza rischio di arresto.
La Revoca della Cittadinanza: Dettagli e Procedura
Il 23 dicembre 2025, il Ministero dell'Interno della regione di Yaroslavl, dove Anin era registrato fino al 2024, ha revocato la sua cittadinanza acquisita, citando la condanna del marzo 2025. Si tratta del primo caso noto di un giornalista russo privato della cittadinanza per reportage sull'invasione dell'Ucraina, un'escalation nella repressione mediatica.
Nato in Moldova, Anin aveva lasciato la Russia nel 2021 dopo perquisizioni dell'FSB legate a inchieste su figure potenti come la moglie di Igor Sechin di Rosneft. La revoca lo rende apolide, esponendolo a ulteriori rischi internazionali e simboleggiando l'intolleranza del regime verso il giornalismo critico.
Anin ha reagito con una dichiarazione dura, ringraziando ironicamente il 'Reich russo' e denunciando la guerra come 'barbarica', con bombardamenti su ospedali e stupri sistematici. Ha descritto la Russia come un 'campo di concentramento' dove oppositori sono torturati e uccisi, rafforzando la sua posizione di resistenza dall'esilio.
Implicazioni per il Giornalismo Russo e il Contesto Repressivo
La revoca della cittadinanza ad Anin si inserisce in un'ondata di repressione: dal 2022, centinaia di giornalisti sono stati sanzionati per 'fake news' sulla guerra. Casi simili includono mandati di arresto per Ekaterina Fomina, Anton Dolin e altri esuli, come documentato dal Committee to Protect Journalists, che evidenzia multe milionarie e condanne fino a 10 anni.
IStories, ora basata in Lettonia, continua a operare nonostante il bando, ma la collaborazione con essa in Russia è reato penale. Questa mossa contro Anin mira a scoraggiare inchieste indipendenti, consolidando il controllo narrativo del Cremlino sulla guerra in Ucraina e isolando i reporter critici.
Globalmente, il caso solleva preoccupazioni su libertà di stampa e apolidia come arma politica. Organizzazioni internazionali monitorano queste tendenze, temendo un effetto chilling su giornalisti russi all'estero. Anin rimane un simbolo di resilienza, con il suo lavoro che continua a illuminare verità nascoste nonostante le persecuzioni.
