Volontari contro coloni: Scudi umani per un villaggio

Pubblicato: 23/12/2025, 13:35:204 min
Scritto da
Redazione
Categoria: Esteri
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Volontari contro coloni: Scudi umani per un villaggio
Come attivisti internazionali si interpongono tra insediamenti israeliani e palestinesi per difendere la terra

In Cisgiordania, volontari da tutto il mondo rischiano la vita per proteggere villaggi palestinesi dagli attacchi dei coloni israeliani. Tra violenze in aumento e tensioni quotidiane, questi 'scudi umani' incarnano una resistenza non violenta. Un fenomeno che sta attirando l'attenzione globale.

La linea del fronte in Cisgiordania

Nella Cisgiordania occupata, i villaggi palestinesi come quelli intorno a Beit Lid affrontano minacce costanti da parte di coloni israeliani armati. Questi attacchi, spesso mirati a terreni agricoli e olive, sono esplosi in scala e frequenza nel 2025, con 757 episodi registrati solo nel primo semestre, un aumento del 13% rispetto all'anno precedente. Volontari internazionali, definiti 'attivisti di solidarietà', si posizionano fisicamente tra i coloni e i residenti per scoraggiare le violenze, creando una barriera umana che richiama l'attenzione sul conflitto.

Il fenomeno dei volontari nasce dalla necessità di proteggere comunità isolate, dove le forze di sicurezza israeliane intervengono con ritardo o non intervengono affatto. Secondo rapporti delle Nazioni Unite, questi attivisti stranieri, tra cui agricoltori, giornalisti e pacifisti, subiscono aggressioni dirette durante la vendemmia, quando i coloni intensificano le incursioni per impedire il raccolto. La loro presenza non solo documenta gli abusi ma fornisce una testimonianza oculare che raggiunge i media globali, amplificando le voci palestinesi.

Questa forma di attivismo non è nuova, ma ha guadagnato slancio dopo l'ottobre 2023, con oltre 1.000 palestinesi uccisi da forze israeliane o coloni fino a novembre 2025. I volontari, spesso organizzati in gruppi come quelli citati dall'Ufficio ONU per i diritti umani, rischiano espulsioni, ferite o peggio, ponendo i loro corpi come simbolo di resistenza pacifica contro l'espansione degli insediamenti.

Volontari: chi sono e perché rischiano tutto

I volontari provengono da Europa, Stati Uniti e altri paesi, attratti da chiamate di ONG e movimenti pacifisti. Molti sono giovani idealisti o ex militari convertiti alla non-violenza, addestrati a tecniche di interposizione pacifica. In villaggi come quelli colpiti da attacchi recenti, si alloggiano con le famiglie locali, partecipando alla vita quotidiana per comprendere le paure dei residenti, come quelle espresse da Mahmoud Edeis, che vive nel terrore costante per i suoi figli.

La loro motivazione radica nella convinzione che la presenza internazionale possa deterrere la violenza, grazie alla copertura mediatica e alla pressione diplomatica. Casi documentati mostrano come i coloni, consapevoli delle telecamere, esitino ad agire con la solita brutalità. Tuttavia, non mancano episodi di aggressioni: durante la vendemmia 2025, attivisti sono stati picchiati mentre proteggevano uliveti, subendo la stessa sorte dei palestinesi.

Organizzazioni come quelle monitorate da OCHA delle Nazioni Unite registrano ottobre 2025 come il mese con il picco massimo di attacchi coloni dal 2006. I volontari contribuiscono fornendo dati e video, essenziali per denunciare l'impunità, con solo rari arresti nonostante i danni a camion, tende e campi.

Attacchi coloni: un'escalation preoccupante

Gli assalti dei coloni non sono sporadici: nel 2025, hanno causato perdite per milioni di dollari in uliveti non raccolti, circa 96.000 dunums nel 2023 con trend in peggioramento. Coloni armati appiccano fuochi, abbattono alberi e distruggono infrastrutture, spesso con il tacito supporto delle forze israeliane, come denunciato dall'Alto Commissario ONU Ajith Sunghay.

Un episodio emblematico è l'attacco a un'area industriale vicino a Beit Lid, dove coloni hanno incendiato camion da latte e aggredito soldati israeliani in risposta. Quattro palestinesi feriti e quattro coloni arrestati, ma Muayyad Shaaban accusa Israele di proteggere questi 'terroristi coloniali'. I volontari intervengono proprio qui, documentando e interponendosi per prevenire ulteriori danni.

Il presidente israeliano ha definito queste violenze 'scioccanti', ammettendo la necessità di fermarle, come riportato da OPB. Eppure, il Maggiore Generale Avi Bluth lamenta che reprimere questa 'frangia anarchica' distrae risorse dalla sicurezza, evidenziando divisioni interne.

Impatto e futuro della resistenza non violenta

La presenza dei volontari ha salvato raccolti e vite, ma non ferma l'occupazione: dal 2023, migliaia di palestinesi sono stati sfollati da restrizioni e demolizioni. L'olivo, simbolo di 'livelihood e lineage' per i palestinesi, è al centro di questa lotta, con i volontari che ne difendono l'accesso contro la 'terra grab accelerata'.

Critici israeliani, inclusi militari, riconoscono che gli attivisti stranieri complicano le operazioni coloni, forzando interventi rapidi. Tuttavia, il rischio per i volontari cresce: feriti, arresti e minacce li espongono a un pericolo costante, testando i limiti della solidarietà internazionale.

Verso il futuro, l'ONU sollecita pressioni globali per accountability e fine dell'occupazione. I volontari, seppur pochi, rappresentano una speranza di de-escalation, mostrando che corpi umani possono bloccare l'avanzata della violenza. La loro storia continua a ispirare, ricordando che la pace richiede coraggio quotidiano.

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