Nel cuore dell'Africa orientale
La frattura nascosta nell'Afar
La regione dell'Afar, nel nord dell'Etiopia, è il fulcro di un fenomeno geologico straordinario: la separazione lenta del continente africano in due porzioni distinte. Qui, tre grandi placche tettoniche – quella africana, arabica e somala – si stanno allontanando, creando un rift che assottiglia la crosta terrestre. Questo processo, impercettibile su scala umana ma inesorabile su tempi geologici, potrebbe evolvere in milioni di anni nella formazione di un nuovo bacino oceanico, simile a quanto accaduto per l'<strong>oceano Atlantico</strong>. L'Afar funge da laboratorio naturale, permettendo agli scienziati di osservare in tempo reale dinamiche altrimenti sepolte nel passato geologico.
Una ricerca recente, pubblicata sul Journal of African Earth Science, ha rielaborato dati aeromagnetici raccolti nel 1968 dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con l'Università di Keele e P&R Geological Consultants. Queste analisi hanno chiarito che la rottura non è stata simultanea: è partita dalla separazione tra Africa e Arabia lungo il Mar Rosso e il Golfo di Aden, per poi estendersi al Main Ethiopian Rift. Le anomalie magnetiche rivelano un trend dominante del Golfo di Aden nel sud dell'Afar, confermando una sequenza temporale precisa del 'divorzio' continentale.
Gli impulsi di magma dal mantello profondo alimentano questa espansione. Studi dell'Università di Pisa, pubblicati su riviste Nature, mostrano come la risalita di materiale caldo assottigli la crosta, favorendo vulcani e terremoti. Questo 'battito' ritmico del mantello, a profondità di centinaia di chilometri, sta lacerando l'Africa orientale a un ritmo di 5-16 millimetri all'anno, preludio a una trasformazione epocale.
