Questo articolo esamina in modo equilibrato i primi tre anni del governo guidato da Giorgia Meloni, confrontando i dati ufficiali comunicati da Palazzo Chigi e le valutazioni indipendenti su promesse mantenute, riforme attuate e ambiti rimasti irrisolti. L’analisi integra fonti istituzionali e watchdog indipendenti per valutare dove il governo ha effettivamente inciso e dove, invece, le critiche che parlano di aver fatto "poco o nulla" trovano riscontro documentato.
Numeri e rivendicazioni ufficiali: cosa dice Palazzo Chigi
Il governo Meloni ha pubblicato un quadro di risultati che mette in evidenza miglioramenti su vari indicatori macroeconomici, dalla riduzione del rapporto deficit/PIL allo storico calo dello spread, oltre a un aumento dell’occupazione e a interventi su sanità e difesa; il resoconto ufficiale è sintetizzato in documenti e comunicati di Palazzo Chigi che raccolgono numeri e misure adottate negli ultimi tre anni, portando argomenti concreti a sostegno delle rivendicazioni di efficacia politica e gestione dei conti pubblici (Palazzo Chigi: i numeri).
Tra i dati frequentemente citati dall’esecutivo ci sono il passaggio del rapporto deficit/PIL dall’8,1% al 3% e la riduzione dello spread BTP-Bund di oltre 150 punti base, indicatori che vengono usati per sostenere la tesi di maggior affidabilità internazionale e stabilità finanziaria dell’Italia dopo il 2022 (dati economici ufficiali).
La comunicazione governativa sottolinea inoltre risultati nel mercato del lavoro — con un aumento dei contratti a tempo indeterminato e un tasso di occupazione in crescita — e investimenti in settori come digitalizzazione e sanità, che il governo presenta come prove di una legislatura operativa e orientata a riforme strutturali (iniziative e investimenti).
Le critiche e i settori dove il giudizio parla di "poco o nulla"
Controparte significativa alle rivendicazioni ufficiali arriva da analisi indipendenti che documentano come molte promesse di programma restino parziali o in gran parte non concretizzate: indagini sistematiche su impegni elettorali mostrano che soltanto una parte delle promesse è stata completata, mentre molte sono ancora in corso o addirittura tradite, fornendo un supporto fattuale all’affermazione che in certi ambiti si sia fatto "poco o nulla" rispetto alle attese (analisi promesse).
L’analisi che censisce le promesse del programma elettorale segnala che molte misure dichiarate non sono state attuate integralmente: su 100 principali impegni, decine risultano incompleti o in fase di attuazione, e questo divario tra annunci e risultati concreti alimenta la percezione di insufficienza dell’azione di governo in temi centrali come riforme strutturali, politiche per la natalità e interventi per le disuguaglianze territoriali (verifica promesse).
Critiche specifiche riguardano anche la capacità di incidere su problemi di lungo periodo: la crescita persistente del debito pubblico, la lentezza nel risolvere i divari Nord–Sud e gli ostacoli amministrativi che rallentano l’attuazione del PNRR vengono citati come esempi concreti dove gli interventi non sono stati sufficienti o risultati davvero trasformativi sono mancati, rafforzando la tesi del "poco o nulla" in determinati capitoli politici (criticità strutturali).
Tra risultati reali e percezione: perché il giudizio è diviso
La divergenza tra le rivendicazioni governative e le valutazioni indipendenti nasce in parte da una differente misura degli obiettivi: mentre Palazzo Chigi sottolinea indicatori macroeconomici e successi amministrativi, gli osservatori esterni valutano l’adempimento delle promesse di programma e l’impatto territoriale reale delle politiche, producendo due narrazioni che coesistono e che spiegano perché il giudizio pubblico risulti diviso (dati ufficiali).
Un altro fattore è il tempo di maturazione delle riforme: molte misure, ad esempio nel campo della digitalizzazione della PA o degli investimenti infrastrutturali, richiedono anni perché si traducano in benefici diffusi; questo gap temporale favorisce la percezione che il governo non stia «facendo abbastanza ad oggi, anche quando sono stati avviati processi che potrebbero produrre risultati in futuro (tempi di attuazione).
Infine, il contesto internazionale e le condizioni economiche ereditate contribuiscono a complicare il giudizio: la gestione del debito pubblico, le pressioni energetiche e i vincoli europei limitano lo spazio di manovra, rendendo talvolta più difficile trasformare annunci e intenti in risultati immediati e visibili sul territorio (vincoli e contesto).
Quali ambiti restano prioritari per la seconda metà della legislatura
Per superare l’accusa di aver fatto "poco o nulla" in settori strategici, il governo dovrà mostrare progressi misurabili su alcune urgenze: accelerare l’attuazione del PNRR a livello locale, ridurre i divari infrastrutturali tra regioni e dare concretezza alle misure per la natalità e la famiglia, trasformando incentivi in politiche a lungo termine che impattino realmente sui tassi demografici e sulla partecipazione femminile al lavoro (priorità politiche).
Un ulteriore terreno di verifica sarà la capacità del governo di tradurre le revisioni di spesa e le misure fiscali in crescita sostenibile e inclusiva: migliorare la produttività, attrarre investimenti e ridurre la pressione fiscale effettiva per famiglie e imprese sono obiettivi che richiedono politiche coordinate e misurabili, non solo annunci comunicativi (obiettivi economici).
Infine, la trasparenza nell’attuazione delle promesse e una più capillare rendicontazione dei risultati — con dossier pubblici aggiornati e valutazioni indipendenti — possono contribuire a ridurre la percezione di inazione: se i progressi saranno tracciabili e visibili, sarà più difficile sostenere in modo generale che il governo abbia fatto "poco o nulla" su temi già ampiamente annunciati (trasparenza e rendicontazione).
