Uno studio recente dell'Università di Zurigo mette in discussione l'idea che <strong>Urano</strong> e <strong>Nettuno</strong> siano solo giganti di ghiaccio
La classificazione tradizionale dei giganti di ghiaccio
Tradizionalmente, <strong>Urano</strong> e <strong>Nettuno</strong> sono etichettati come giganti di ghiaccio, distinti dai giganti gassosi come Giove e Saturno. Questa categoria deriva dalla loro presunta struttura: un nucleo roccioso solido circondato da spessi strati di acqua, ammoniaca e metano in stati ibridi tra solido e liquido, sotto un'atmosfera di idrogeno ed elio. Durante la formazione del Sistema Solare, nelle regioni fredde oltre l'orbita di Nettuno, queste sostanze si condensarono in 'ghiacci' molecolari, accumulati dalla gravità planetaria. Questa visione, supportata da osservazioni preliminari, ha dominato per decenni, influenzando modelli di evoluzione planetaria e la ricerca di esopianeti simili.
Tuttavia, i dati limitati, principalmente dal sorvolo di Voyager 2 negli anni '80, hanno lasciato spazio a incertezze. I pianeti mostrano una massa ridotta di idrogeno ed elio, inferiore al 25%, rispetto ai giganti interni. Le loro atmosfere fredde e i campi magnetici anomali suggeriscono interni complessi, non pienamente spiegati da modelli ghiacciati puri. Studi recenti combinano osservazioni con simulazioni fisiche per rivedere queste assunzioni, evidenziando che la distinzione tra gas, ghiaccio e roccia potrebbe essere più sfumata di quanto immaginato.
Questa classificazione ha implicazioni cosmiche: definisce zone di formazione nel disco protoplanetario e aiuta a identificare pianeti extrasolari. Eppure, con l'avanzare della modellistica computazionale, emerge la necessità di rivedere i paradigmi, aprendo a ipotesi alternative che potrebbero ridefinire l'architettura del Sistema Solare esterno.
