George W. Bush
Le ombre del passato: Bush lo spauracchio dei liberal
George W. Bush salì alla Casa Bianca nel 2001 dopo una elezione controversa decisa dalla Corte Suprema, diventando il volto delle politiche neoconservatrici. Le invasioni dell'Afghanistan e dell'Iraq, giustificate dalla dottrina della guerra preventiva, lo resero il bersaglio principale della sinistra americana e internazionale. I liberal lo accusavano di imperialismo, torture a Guantánamo e un deficit esplosivo dovuto a tagli fiscali per i ricchi e spese militari record. La popolarità di Bush crollò sotto il 30% dopo l'uragano Katrina e la crisi finanziaria del 2008, simboleggiando per molti l'era del disastro repubblicano. Eppure, quel periodo segnò anche successi come il 'conservatorismo compassionevole' con la legge No Child Left Behind, mirata a migliorare l'istruzione pubblica.
Durante il suo mandato, Bush promosse una 'guerra globale al terrore' che incluse la National Security Strategy del 2002, enfatizzando la democrazia da esportare. Questa visione, criticata come idealistica e costosa, alienò gran parte dell'elettorato progressista, che lo vedeva come un warmonger irresponsabile. Elezioni di mid-term nel 2006 consegnarono il Congresso ai democratici, riflettendo il rifiuto popolare. Oggi, retrospectivamente, alcuni analisti notano come Bush mantenesse un certo rispetto per le istituzioni, a differenza di figure successive. Il suo stile personale, spesso goffo ma determinato, lo rese un caricature mediatica, amplificata da film e satire che lo dipingevano come incompetente.
L'eredità di Bush fu un'America divisa, con un debito pubblico triplicato e due guerre infinite. I liberal, da Michael Moore a code rosa anti-guerra, lo usarono come spauracchio per mobilitare voti contro i repubblicani. Eppure, iniziative come PEPFAR per l'AIDS in Africa mostrarono un lato umanitario, ignorato dai critici. Questo contrasto prepara il terreno per il suo inatteso riscatto, dove i difetti del passato svaniscono di fronte a nuove minacce politiche.
