Quel che Draghi non dice sull’intelligenza artificiale

Pubblicato: 11/12/2025, 16:03:205 min
Scritto da
Redazione
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Quel che Draghi non dice sull’intelligenza artificiale
Oltre le parole dell’ex premier: sfide nascoste e implicazioni dell’IA in Europa

Mario Draghi ha più volte sottolineato l’importanza strategica dell’intelligenza artificiale (IA) per il futuro economico dell’Europa, evidenziando rischi di stagnazione e la necessità di un piano coordinato. Tuttavia, alcune questioni cruciali restano poco approfondite, come le implicazioni sociali, le sfide normative e le dinamiche geopolitiche che influenzano il percorso europeo verso l’innovazione digitale. Questo articolo esplora cosa non viene detto esplicitamente nei discorsi di Draghi, offrendo una visione più completa e critica del ruolo dell’IA nel contesto europeo.

Il messaggio ufficiale di Draghi: crescita e rischio stagnazione

Mario Draghi ha ripetutamente evidenziato come l’intelligenza artificiale rappresenti una leva fondamentale per rilanciare la crescita economica europea, paragonando l’impatto potenziale dell’IA a rivoluzioni tecnologiche storiche come l’elettrificazione degli anni ’20. Secondo Draghi, un’adozione diffusa e coordinata dell’IA potrebbe incrementare il tasso di crescita europeo di oltre l’1% annuo, segnando un’accelerazione senza precedenti negli ultimi decenni. Tuttavia, ha anche avvertito che senza un’azione politica condivisa e investimenti mirati, l’Europa rischia una stagnazione economica prolungata, con conseguenze negative per la competitività globale.

L’ex premier ha sottolineato la necessità di superare la frammentazione normativa e i costi energetici elevati che frenano lo sviluppo tecnologico, proponendo un piano europeo comune per la ricerca e lo sviluppo dell’IA. Ha inoltre richiamato l’attenzione sulla necessità di regole chiare sulla proprietà intellettuale e sull’integrazione in cluster innovativi, elementi chiave per evitare che l’Europa resti indietro rispetto a Stati Uniti e Cina, leader attuali nel settore.

Nonostante l’enfasi sulla crescita, Draghi ha riconosciuto anche i rischi sociali legati all’adozione dell’IA, come la possibile sostituzione del lavoro e l’aumento delle disuguaglianze, ma ha mantenuto un approccio prevalentemente ottimistico, puntando sulle scelte politiche per guidare una diffusione equilibrata e sostenibile della tecnologia. Questa visione è stata espressa chiaramente durante l’intervento al Politecnico di Milano, dove ha ribadito che l’Europa deve adottare l’IA su larga scala per evitare un declino economico[1][2].

Le sfide sociali e occupazionali poco approfondite

Un aspetto che Draghi tende a non approfondire nei suoi discorsi è la complessità delle conseguenze sociali dell’intelligenza artificiale. Sebbene riconosca il rischio di sostituzione del lavoro, non entra nel dettaglio delle trasformazioni profonde che l’IA potrebbe causare nei mercati del lavoro europei, né sulle strategie concrete per mitigare gli impatti negativi su categorie vulnerabili o territori meno sviluppati.

La questione delle disuguaglianze, sia economiche che digitali, è cruciale: l’IA rischia di ampliare il divario tra lavoratori altamente qualificati e quelli con competenze obsolete, creando tensioni sociali e potenziali esclusioni. Draghi menziona questi rischi in modo generico, senza però proporre un piano dettagliato per la formazione, la riqualificazione professionale o la protezione sociale, elementi fondamentali per un’adozione responsabile dell’IA.

Inoltre, le implicazioni etiche e di privacy, che sono al centro del dibattito pubblico europeo, vengono solo sfiorate nei suoi interventi. L’equilibrio tra innovazione e tutela dei diritti individuali è delicato e richiede un approccio normativo dinamico e partecipato, che Draghi invita a perseguire, ma senza delineare chiaramente come affrontare le sfide di frodi, discriminazioni algoritmiche e violazioni della privacy che l’IA può comportare[2][4].

Le criticità normative e la cultura della precauzione europea

Draghi ha evidenziato come la regolamentazione europea sull’IA, pur necessaria, rischi di diventare un freno all’innovazione se improntata a una eccessiva precauzione. L’Europa, infatti, si trova in una posizione delicata: deve bilanciare la protezione dei cittadini con la necessità di non perdere terreno rispetto a Stati Uniti e Cina, che adottano approcci più flessibili e aggressivi sul piano tecnologico.

Il cosiddetto AI Act e altre normative europee sono stati concepiti in parte come risposta ai rischi emersi con i social media e altre tecnologie digitali, ma Draghi sottolinea che questa impostazione ex post rischia di soffocare la capacità di innovazione. Serve quindi un cambio culturale che riduca l’onere della prova imposto alle nuove tecnologie e che consenta una regolamentazione agile, capace di adattarsi rapidamente ai progressi dell’IA.

Questa visione è condivisa da esperti come Stefano da Empoli, che evidenziano come la giungla normativa europea necessiti di una semplificazione e di un coordinamento più efficace, per evitare che la burocrazia e la rigidità legislativa diventino ostacoli insormontabili per le imprese e i centri di ricerca. Draghi auspica che l’Europa impari a riconoscere rapidamente quando una regolamentazione è obsoleta e la aggiorni senza indugi, per mantenere competitività e attrattività[4][5].

Le implicazioni geopolitiche e il ruolo strategico dell’Europa

Un tema che Draghi menziona solo marginalmente riguarda le implicazioni geopolitiche dell’IA e il ruolo strategico che l’Europa può o deve assumere in questo contesto. La competizione globale tra Stati Uniti, Cina ed Europa non è solo tecnologica, ma anche politica ed economica, con ripercussioni sulla sovranità digitale e sulla sicurezza nazionale.

L’Europa, secondo Draghi, deve evitare di rimanere un semplice consumatore di tecnologie sviluppate altrove, puntando invece a costruire un ecosistema autonomo e integrato di ricerca, sviluppo e applicazione dell’IA. Questo richiede investimenti pubblici e privati coordinati, ma anche una visione strategica che tenga conto delle alleanze internazionali e delle sfide legate alla dipendenza tecnologica.

Inoltre, la questione della sostenibilità energetica, spesso sottovalutata nei discorsi ufficiali, è centrale per l’adozione su larga scala dell’IA. I costi energetici elevati e l’impatto ambientale delle infrastrutture digitali rappresentano un limite concreto che l’Europa deve affrontare con politiche innovative e investimenti in tecnologie verdi, per garantire uno sviluppo tecnologico sostenibile e competitivo nel lungo termine[1][5].

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