Alfonso Tumbarello, medico di Campobello di Mazara, è stato condannato a 15 anni di reclusione per aver agevolato Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa nostra latitante, fornendo false certificazioni mediche e coperture sanitarie. La sentenza del Tribunale di Marsala conferma la responsabilità del medico nel facilitare le cure oncologiche del latitante sotto falsa identità, in un processo che ha evidenziato il suo ruolo consapevole nel sostegno al capo mafioso.
Il contesto della condanna di Alfonso Tumbarello
Il Tribunale di Marsala ha emesso una sentenza di condanna a 15 anni di reclusione nei confronti di Alfonso Tumbarello, medico di Campobello di Mazara, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso aggravato. La decisione arriva dopo un processo iniziato nel dicembre 2023 e conclusosi nel 2025, che ha ricostruito il ruolo centrale del medico nel fornire assistenza sanitaria a Matteo Messina Denaro, latitante e capo di Cosa nostra, sotto falsa identità.
Tumbarello era il medico di famiglia di Andrea Bonafede, un geometra di Campobello di Mazara la cui identità era stata utilizzata da Messina Denaro per sfuggire alla cattura e ricevere cure mediche. Il medico ha firmato numerose prescrizioni e certificati medici intestati a Bonafede, ma in realtà destinati al boss mafioso, che soffriva di un tumore al colon. La condanna conferma che Tumbarello era consapevole della vera identità del paziente e del suo coinvolgimento criminale.
La pena inflitta è inferiore ai 18 anni richiesti dal pubblico ministero, ma rappresenta una delle più severe per un medico coinvolto in un caso di mafia. Oltre alla detenzione, Tumbarello è stato interdetto dall'esercizio della professione medica. La sentenza sottolinea come il medico abbia favorito il latitante, permettendogli di accedere a cure oncologiche essenziali durante la sua latitanza, contribuendo così a mantenere in vita il boss fino alla sua cattura.
Le modalità di assistenza sanitaria al boss latitante
Secondo l'accusa, Tumbarello ha emesso 95 ricette e 42 prescrizioni di analisi mediche, tutte intestate a Andrea Bonafede, ma in realtà utilizzate da Matteo Messina Denaro per curarsi. Queste prescrizioni hanno permesso al boss di sottoporsi a visite, terapie e farmaci necessari per il trattamento del tumore al colon, patologia che lo ha infine portato alla morte nel settembre 2023, poco dopo l'arresto.
Il medico ha agito in stretta collaborazione con Bonafede, che ha fornito la propria identità al latitante. Il sistema di copertura sanitaria ha così garantito a Messina Denaro un accesso privilegiato e protetto alle cure, nonostante fosse ricercato da decenni. Le indagini hanno dimostrato che Tumbarello era perfettamente consapevole dell'inganno, come evidenziato da certificati medici emessi in tempi ravvicinati per due persone distinte ma con la stessa identità anagrafica.
La strategia adottata ha rappresentato un esempio di come la mafia possa infiltrarsi anche nel sistema sanitario, utilizzando professionisti compiacenti per garantire protezione e assistenza ai propri esponenti. Il caso di Tumbarello è emblematico per la sua gravità e per la dimostrazione di un collegamento diretto tra attività medica e sostegno a organizzazioni criminali.
Il percorso giudiziario e le motivazioni della sentenza
Il processo contro Alfonso Tumbarello si è svolto presso il Tribunale di Marsala, con l'accusa rappresentata dal pubblico ministero di Palermo. Le prove raccolte hanno incluso documenti medici, testimonianze e intercettazioni che hanno confermato il ruolo attivo del medico nel fornire false certificazioni e nel favorire la latitanza di Messina Denaro.
La sentenza ha riconosciuto il concorso esterno in associazione mafiosa, una fattispecie che punisce chi, pur non essendo parte integrante dell'organizzazione criminale, ne agevola le attività con comportamenti consapevoli e volontari. Nel caso di Tumbarello, la sua condotta ha permesso al boss di ricevere cure essenziali, prolungando la sua latitanza e ostacolando l'azione delle forze dell'ordine.
Il tribunale ha inoltre evidenziato che il medico ha commesso numerosi atti di falso, emettendo certificati e prescrizioni a nome di una persona diversa, con la piena consapevolezza della situazione. Questa duplicità ha aggravato la posizione di Tumbarello, che è stato anche interdetto dall'esercizio della professione medica per la durata della pena.
Le implicazioni del caso e il contesto antimafia
La condanna di Alfonso Tumbarello rappresenta un importante segnale nella lotta contro le infiltrazioni mafiose nel sistema sanitario e nella società civile. Il caso ha messo in luce come la criminalità organizzata possa avvalersi di complici anche in ambiti apparentemente distanti dalla criminalità, come la medicina, per garantire la propria sopravvivenza e operatività.
La vicenda ha inoltre sottolineato l'importanza di un controllo rigoroso sulle prescrizioni mediche e sulle identità utilizzate per accedere alle cure, soprattutto in contesti ad alto rischio di infiltrazioni mafiose. Le indagini e la sentenza hanno rafforzato la collaborazione tra forze dell'ordine, magistratura e istituzioni sanitarie per prevenire simili abusi.
Il caso Tumbarello si inserisce in un più ampio quadro di azioni giudiziarie e investigative volte a smantellare le reti di sostegno ai latitanti di Cosa nostra, confermando l'impegno dello Stato nel contrasto alla mafia. Per approfondire, si possono consultare le fonti ufficiali come La7 Cronaca e Fanpage.it.
