Un anno dal caso Bove: la sicurezza sui campi tra Serie A e dilettanti

Pubblicato: 10/12/2025, 13:56:534 min
Scritto da
Gaspare Lamazza
Categoria: Sport
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Un anno dal caso Bove: la sicurezza sui campi tra Serie A e dilettanti
Dall’arresto cardiaco di Edoardo Bove alle nuove normative, a che punto siamo con la tutela degli atleti in Italia

Il malore di Edoardo Bove durante Fiorentina-Inter nel dicembre 2024 ha riacceso il dibattito sulla sicurezza nei campi di calcio, evidenziando le differenze tra i protocolli in Serie A e nei campionati dilettantistici. A un anno dall’episodio, l’Italia ha fatto passi avanti con nuove leggi e campagne di sensibilizzazione, ma permangono sfide importanti, soprattutto per le categorie minori.

Il caso Bove: un evento che ha scosso il calcio italiano

Il 1° dicembre 2024, durante la partita Fiorentina-Inter, Edoardo Bove, centrocampista in prestito dalla Roma, ha subito un arresto cardiaco in campo, un evento che ha fermato il calcio italiano e acceso i riflettori sulla sicurezza sportiva. Il tempestivo intervento dei medici e dei compagni di squadra ha salvato la vita al giovane atleta, ricoverato all’ospedale Careggi di Firenze, dove le sue condizioni sono migliorate progressivamente (Sky Sport).

L’episodio ha evidenziato l’importanza di una preparazione adeguata al primo soccorso e la presenza obbligatoria di defibrillatori nei campi professionistici, fattori che hanno contribuito a evitare il peggio. Tuttavia, ha anche sollevato interrogativi sulle differenze di sicurezza tra la Serie A e i campionati dilettantistici, dove spesso mancano risorse e formazione specifica.

Il caso Bove ha avuto un impatto sociale e legislativo, portando alla proposta e all’approvazione della cosiddetta “Legge Bove”, che mira a rafforzare la formazione al primo soccorso e la diffusione dei defibrillatori nelle società sportive e nelle scuole, con l’obiettivo di prevenire tragedie simili (Sprint e Sport).

La sicurezza in Serie A: protocolli, controlli e criticità

Nel calcio professionistico italiano, la sicurezza degli atleti è regolamentata da protocolli rigorosi che prevedono visite mediche approfondite, presenza di personale sanitario durante le partite e obbligo di defibrillatori nei campi. Il caso Bove ha però messo in luce alcune criticità, come la possibilità che giocatori con condizioni cardiache a rischio possano comunque essere abilitati a giocare, a causa di valutazioni mediche soggettive o di esami non sempre uniformi (Open Online).

Il medico Ivo Pulcini, ex responsabile sanitario della Lazio, ha rivelato che già nel 2019 aveva riscontrato l’inidoneità di un calciatore di Serie A, poi comunque sceso in campo, sottolineando la necessità di test genetici e screening più approfonditi per prevenire eventi cardiaci improvvisi. Questi test, come l’esoma completo, potrebbero identificare precocemente patologie genetiche predisponenti a malori improvvisi (Fortune Italia).

Nonostante le misure adottate, la sicurezza in Serie A resta un tema delicato, che richiede un equilibrio tra tutela della salute e carriera sportiva. L’episodio di Bove ha spinto la FIGC a rafforzare la formazione sul primo soccorso e a promuovere protocolli di intervento rapidi e coordinati, fondamentali per salvare vite in situazioni di emergenza.

La situazione nei campionati dilettantistici: un gap da colmare

Mentre in Serie A la presenza di defibrillatori e personale medico è obbligatoria, nei campionati dilettantistici la situazione è molto più frammentata e spesso carente. Molte società non dispongono di attrezzature salvavita né di personale formato per il primo soccorso, aumentando il rischio di incidenti gravi durante le partite o gli allenamenti.

La morte di Mattia Giani, giovane calciatore dilettante stroncato da un arresto cardiaco durante una partita nel 2024, ha ulteriormente evidenziato questa lacuna, suscitando appelli per l’estensione dell’obbligo di defibrillatori anche ai campi dilettantistici e per una maggiore formazione obbligatoria per allenatori e dirigenti (Gazzetta dello Sport).

La Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) e altre istituzioni stanno lavorando per uniformare le normative e garantire una maggiore sicurezza anche ai livelli inferiori, ma la strada è ancora lunga. La sensibilizzazione e la formazione diffusa rappresentano strumenti chiave per ridurre i rischi e salvare vite nei campi dilettantistici.

Le prospettive future: formazione, tecnologia e nuove leggi

A un anno dal caso Bove, l’Italia ha fatto passi avanti importanti grazie alla “Legge Bove sul primo soccorso”, che impone una formazione più capillare al primo soccorso nelle scuole, nelle società sportive e nelle aziende, e promuove la diffusione dei defibrillatori automatici esterni (DAE). Il centrocampista stesso ha partecipato alla presentazione della legge, sottolineando l’importanza di combattere la disinformazione e di diffondere la cultura della sicurezza (Corriere dello Sport).

La tecnologia gioca un ruolo cruciale: l’introduzione di test genetici e screening più sofisticati può aiutare a identificare atleti a rischio prima che si verifichino eventi drammatici. Inoltre, la formazione continua di giocatori, allenatori e staff medico è fondamentale per garantire interventi tempestivi ed efficaci in caso di emergenza.

Nonostante i progressi, la sfida rimane quella di estendere queste misure a tutti i livelli del calcio italiano, riducendo il divario tra professionismo e dilettantismo. Solo un impegno condiviso tra istituzioni, società sportive e comunità potrà garantire un futuro più sicuro per tutti gli atleti.

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