Un'inchiesta della Procura nazionale antimafia rivela come tre associazioni di beneficenza italiane abbiano canalizzato oltre 7 milioni di euro verso Hamas, attraverso una rete di finanziamenti mascherati da aiuti umanitari. Nove arresti a Genova e 25 indagati gettano luce su una cellula operativa nel Paese.
L'operazione antiterrorismo e gli arresti
La Digos di Genova, in collaborazione con la Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, ha eseguito nove arresti nell'ambito di un'indagine su finanziamenti illeciti a Hamas. Gli investigatori hanno identificato una cellula italiana legata al movimento terroristico, attiva nella raccolta di fondi apparentemente umanitari. Mohammad Hannoun, presidente dell'Associazione dei Palestinesi in Italia e considerato vertice della cellula, è tra i principali arrestati, insieme a collaboratori come Ra'Ed Hussny Mousa Dawoud e Raed Al Salahat. Le misure cautelari colpiscono sette persone, con due ancora latitanti, per associazione a delinquere con finalità di terrorismo internazionale.
Le indagini, partite da informazioni fornite da Israele e raccolte dall'Idf, hanno monitorato trasferimenti di denaro antecedenti all'attacco del 7 ottobre 2023. Hannoun, noto come 'architetto imam di Genova', gestiva propaganda e raccolta fondi tra la comunità islamica italiana. I pm sottolineano che questa non è un'iniziativa isolata, ma parte di un progetto strategico di Hamas per creare cellule estere. Complessivamente, 25 persone sono indagate, inclusi familiari di leader palestinesi consapevoli della destinazione dei fondi, come emerge da intercettazioni e documenti.
L'operazione dimostra l'efficacia dell'apparato investigativo italiano, come ha dichiarato il ministro Piantedosi, evidenziando un network europeo coordinato con la struttura centrale di Hamas. I fondi, raccolti in città come Genova, Milano, Firenze e Bergamo, superano i 7 milioni di euro, sottratti alle reali necessità civili di Gaza per finanziare attività terroristiche.
Le tre associazioni al centro dell'inchiesta
L'Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese (A.B.S.P.P.) è il fulcro dell'accusa: per i pm, rappresenta un'articolazione estera di Hamas operante in Italia, parte di un network europeo. Fondata nei primi anni '90, ha raccolto donazioni ufficialmente per aiuti umanitari, ma oltre il 71% dei fondi è finito a Hamas o associazioni collegate. Dipendenti come Yaser Elasaly e Jaber Abdelrahim Albustanji Riyad gestivano filiali a Milano e in Toscana, versando milioni verso Gaza.
Per aggirare blocchi sui conti correnti, sono state create nuove entità: "La cupola d'oro" a Milano il 25 giugno 2023 e "La palma" a Bergamo il 18 gennaio 2025. Queste società immobiliari-like, con riferimenti a strutture fisiche e finanziarie, facilitavano i trasferimenti. Gli inquirenti hanno tracciato flussi da Genova verso decine di associazioni a Gaza controllate dall'ala militare di Hamas, confermando un coordinamento con il comparto estero.
Le tre associazioni formano una rete solida: A.B.S.P.P. e sue varianti O.D.V. costituivano l'articolazione italiana di un sistema internazionale. I soci, spesso membri del board come quelli della European Palestinians Conference, operavano in modo strutturato, con ruoli definiti per propaganda, raccolta e invio di denaro, sottraendo risorse alla da'wa (attività religiose e assistenziali) per scopi terroristici.
I flussi di denaro e i soci coinvolti
Oltre 7 milioni e 288 mila euro sono stati versati a Hamas dal 2001, con picco dopo il 7 ottobre 2023. I fondi provenivano da donazioni di italiani e della comunità islamica, convogliati attraverso eventi e raccolte pubbliche. Intercettazioni rivelano consapevolezza: un indagato temeva "sei anni" se avessero perquisito il suo pc, mentre Falastine, legato a un incontro con Ismail Haniyeh, vantava il suo ruolo di collettore.
I soci chiave includono Hannoun, Dawoud (referente milanese dal 2016), Al Salahat (Firenze) e Elasaly. La moglie e i figli di un leader palestinese sapevano della destinazione reale del denaro. Le case e le società, come quelle bergamasche, servivano da copertura per immobili e conti bloccabili, permettendo di eludere controlli. La Guardia di Finanza ha mappato un sistema complesso di trasferimenti internazionali.
Il network si appoggia su istituzioni apparentemente benefiche, ma controllate da Hamas. In Italia, le società immobiliari-like gestivano patrimoni per finanziare l'organizzazione, con soldi provenienti da tutta Europa. Gli investigatori enfatizzano come più del 71% dei proventi umanitari sia stato deviato, confermando un danno diretto alla popolazione civile di Gaza.
Implicazioni e rete internazionale di Hamas
Secondo la tesi accusatoria, A.B.S.P.P. fa parte di un'estesa rete globale per raccolta fondi mascherati. Hamas utilizza associazioni di beneficenza per la da'wa, creando legami con la popolazione palestinese, ma deviano capitali verso attività criminose. Le cellule italiane coordinano con Gaza, inclusa l'ala militare, ricevendo direttive strategiche.
L'inchiesta evidenzia un progetto di Hamas per strutture estere complesse, non iniziative personali. In Italia, Genova è il hub, con ramificazioni a Milano e Bergamo. Le società, con soci legati al comparto estero, hanno versato ingenti somme, sottraendole alle necessità civili. Questo conferma il controllo di Hamas su decine di entità a Gaza e all'estero.
Le implicazioni sono gravi: l'Italia emerge come base logistica per finanziamenti terroristici. L'operazione, supportata da intelligence israeliana, rafforza la lotta contro il terrorismo internazionale. Monitoraggio continuo dei flussi finanziari è essenziale per smantellare tali reti, proteggendo la sicurezza nazionale e umanitaria.
