L'appello del Presidente della CEI al Legislativo
Il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (Matteo Zuppi), Cardinale Arcivescovo di Bologna, ha lanciato un appello vibrante affinché il Parlamento italiano trovi un quadro normativo condiviso in materia di fine vita. La sua posizione, espressa in un'intervista di ampio respiro, sottolinea l'urgenza di una risposta legislativa che tenga conto delle sentenze della Corte Costituzionale, in particolare quelle che hanno aperto spiragli sulla possibilità di interrompere il sostegno vitale in determinate condizioni di sofferenza insopportabile. Zuppi ha chiarito in modo netto la posizione della Chiesa Cattolica, ribadendo che essa non potrà mai avallare leggi che promuovano attivamente il suicidio o l'eutanasia, considerati atti intrinsecamente contrari alla vita. Tuttavia, il Cardinale ha mostrato apertura verso la depenalizzazione di specifici comportamenti relativi all'assistenza al morire per pazienti terminali, riconoscendo la complessità etica e giuridica del tema. Questo invito al Parlamento a non rimanere in stallo è visto come un tentativo di mediare tra i principi etici fondamentali e il principio di laicità dello Stato, un tema caro anche ai predecessori, come ricordato da Ratzinger e ribadito da Papa Francesco.
La distinzione tra laicità e cristianità
Un elemento centrale nell'analisi di Zuppi riguarda la natura dello Stato contemporaneo. Egli ha sottolineato come l'Italia non viva più in un'epoca di "cristianità", dove la legge era quasi indistinguibile dalla dottrina religiosa. Questa consapevolezza impone ai credenti di adattare il loro approccio al dibattito pubblico, uscendo da una posizione di difesa arroccata. Il Cardinale ha affermato che, proprio in un contesto laico, la sfida per i cristiani è quella di "annunciare il Vangelo" senza pretendere che le leggi civili riflettano integralmente i dogmi della fede. Questo implica un riconoscimento della sfera di autonomia del potere legislativo nel definire le regole della convivenza civile, anche quando queste toccano questioni esistenziali profonde come la fine della vita. L'apertura alla depenalizzazione, dunque, non è vista come una resa, ma come un riconoscimento pragmatico della necessità di dare risposte concrete a situazioni umane estreme, pur mantenendo ferma la linea rossa contro l'eutanasia attiva.
Il ruolo della Consulta come stimolo politico
Il riferimento alla Corte Costituzionale non è casuale. Le sentenze della Consulta, in particolare quella relativa al caso di Cappato e Dj Fabo, hanno di fatto creato un vuoto normativo che il Parlamento ha finora faticato a colmare. Quando il legislatore tace, la giurisprudenza interviene per colmare le lacune, spesso ponendo la classe politica di fronte a fatti compiuti o a situazioni di forte tensione etica. Zuppi esorta i rappresentanti eletti a prendere in mano la responsabilità politica, seguendo l'indirizzo tracciato dalla Corte. Questo significa elaborare una legge che regoli l'accesso alle cure palliative, alla sedazione profonda e, nei limiti stabiliti dalla giurisprudenza, alla possibilità di interrompere trattamenti salvavita, garantendo al contempo la tutela della dignità della persona. La mancanza di un accordo politico rischia di lasciare i cittadini e i medici in una zona grigia, esposti a incertezze legali e morali.
La ricerca di un consenso laico e umano
L'auspicio del Presidente della CEI è che si possa raggiungere un accordo politico trasversale, basato su principi di umanità e rispetto della libertà individuale, pur nel rispetto delle sensibilità religiose e bioetiche presenti nel Paese. La Chiesa, pur non condividendo la liceità dell'autodeterminazione estrema, riconosce il principio di laicità dello Stato e la necessità che le leggi rispondano al bene comune percepito dalla società. Questo appello al dialogo e al superamento delle polarizzazioni ideologiche è fondamentale, soprattutto in un tema così divisivo. La richiesta è quella di non lasciare che la questione del fine vita rimanga ostaggio di veti incrociati, ma di trasformarla in un banco di prova per la maturità democratica del Parlamento, capace di legiferare con equilibrio e compassione.
