Michele Riondino, talento poliedrico del cinema e del teatro italiano, si definisce femminista e padre di due figlie, ma avverte: questo non lo esonera dal sistema patriarcale. In un'intervista recente denuncia la paura della politica verso la cultura, definendola ignorante. Esploriamo le sue posizioni in un'analisi approfondita.
Il femminismo secondo Michele Riondino
Michele Riondino si proclama apertamente femminista, un impegno personale radicato nella sua vita quotidiana come padre di due figlie. Questa dichiarazione non è un semplice slogan, ma una riflessione profonda sul ruolo degli uomini nel combattere le disuguaglianze di genere. Riondino sottolinea che riconoscere il femminismo non significa automatically sfuggire alle strutture patriarcali che permeano la società. Al contrario, invita a un esame critico del proprio privilegio maschile, un processo che richiede consapevolezza costante e azioni concrete per smantellare stereotipi e abusi di potere. La sua posizione emerge in interviste dove lega il femminismo a battaglie sociali più ampie, come quelle operaie, mostrando come i diritti delle donne siano intrecciati con la giustizia sociale complessiva.
Essere padre di due figlie ha amplificato la sensibilità di Riondino verso il femminismo, spingendolo a interrogarsi sul modello di mascolinità che trasmette. Non si tratta solo di supporto teorico, ma di un impegno pratico contro la violenza di genere e per l'uguaglianza educativa e lavorativa. Riondino critica la superficialità con cui alcuni uomini adottano etichette progressiste senza cambiare comportamenti radicati nel patriarcato. Questa prospettiva si allinea con dibattiti ecofemministi, dove genere e ambiente si intrecciano, come nella mostra Re/Sisters al Barbican Centre, che esplora alleanze tra femminismo ed ecologia. Per Riondino, il vero femminismo maschile inizia dal riconoscimento del sistema patriarcale come prigione anche per gli uomini, limitandone emozioni e relazioni autentiche.
In un contesto italiano segnato da regressioni sui diritti delle donne, le parole di Riondino assumono valore provocatorio. Egli non si limita a dichiararsi femminista, ma lo dimostra attraverso scelte artistiche che danno voce ai marginalizzati, inclusi i generi oppressi. Questo approccio olistico lo distingue da celebrità che usano il femminismo come marketing, ricordandoci che l'autentico impegno richiede sacrificio personale e confronto con il proprio ruolo nel perpetuare disuguaglianze. La sua testimonianza ispira un femminismo intersezionale, che considera classe, genere e origine come assi intrecciati di oppressione.
Padre, attore e attivista impegnato
La paternità di due figlie rappresenta per Michele Riondino un catalizzatore per il suo attivismo femminista, trasformando la teoria in pratica quotidiana. Come attore versatile, ha interpretato ruoli complessi che esplorano mascolinità tossica e redenzione, dal teatro al cinema. Film come quelli sull'Ilva di Taranto lo vedono impegnato in monologhi potenti contro ingiustizie sociali, legando lavoro precario e diritti di genere. Questa dimensione familiare non lo isola dal sistema patriarcale, ma lo spinge a decostruirlo attivamente, educando le figlie a un mondo equo e sfidando norme tradizionali di genere in famiglia.
Riondino bilancia carriere multiple – attore, cantante rock, regista – con un impegno civile che lo porta a eventi come il Primo Maggio di Taranto, dove denuncia violenza e fascismo. La sua vita come padre lo rende sensibile alle disparità genitoriali, come il carico mentale sproporzionato sulle madri. Attraverso interviste, emerge un uomo che usa la fama per amplificare voci femminili, promuovendo festival e progetti culturali che includono prospettive di genere. Questo attivismo non è pose, ma risposta autentica alle sfide del patriarcato, dove anche i padri progressisti devono vigilare sui propri bias inconsci.
Come promotore culturale, Riondino organizza iniziative che intrecciano arte e politica, sempre con un occhio al femminismo. La sua esperienza su set come 'La mossa del cavallo' di Camilleri lo ha fatto riflettere sulla politica violenta, rafforzando il suo rifiuto del patriarcato come forma di dominio. Essere padre lo motiva a creare un'eredità di equità, insegnando alle figlie resilienza e empatia, mentre combatte systemic oppression attraverso il suo lavoro artistico.
Sistema patriarcale: una prigione per tutti
Riondino avverte che dirsi femminista e avere figlie non esonera dall'essere immersi nel sistema patriarcale, una struttura invisibile che condiziona comportamenti e relazioni. Questo sistema impone ruoli rigidi agli uomini, reprimendo emozioni e favorendo competizione tossica. L'attore pugliese lo descrive come una gabbia condivisa, dove donne e uomini soffrono diversamente ma collettivamente. Le sue riflessioni, emerse in interviste del 2025, criticano come il patriarcato perpetui disuguaglianze economiche e sociali, legandosi a lotte operaie che ha rappresentato nei suoi film.
Per smantellare il patriarcato, Riondino propone un femminismo maschile proattivo, che inizia dall'educazione e dalla condivisione domestica. Egli riconosce come la paternità lo abbia reso consapevole di privilegi invisibili, come minore scrutinio sul proprio aspetto o carriera. Interviste recenti, come quella a Sky TG24, mostrano il suo impegno contro abusi biografici nel teatro, parallelo agli abusi di potere patriarcali. Questo approccio invita gli uomini a interrogarsi: avere figlie femministe cambia il mondo solo se si agisce contro il sistema.
Il patriarcato, secondo Riondino, si manifesta in politica e cultura, dove domina una mascolinità assertiva che soffoca pluralismo. La sua critica si estende a come questo sistema ostacoli alleanze ecofemministe, urgenti per crisi climatiche sproporzionatamente colpite dalle donne. Attraverso arte e attivismo, propone una liberazione collettiva, dove padri come lui modellano alternative al dominio patriarcale.
Politica ignorante e paura della cultura
Riondino denuncia come la politica contemporanea tema la cultura perché ignorante, incapace di comprenderne il potenziale trasformativo. Questa 'paura' deriva da un analfabetismo culturale che privilegia propaganda su dialogo critico, ignorando come arte e teatro sfidino status quo patriarcale. L'attore vede nella politica un riflesso del patriarcato: gerarchica, violenta e restia al cambiamento, come dimostrato dalle sue esperienze su set politici.
L'ignoranza politica verso la cultura, per Riondino, impedisce riforme femministe autentiche, riducendo dibattiti a slogan. Egli critica governi che tagliano fondi artistici, temendo narrazioni che espongono ingiustizie di genere e classe. In interviste come quella al Puntasacra Film Fest, emerge la sua convinzione che solo una politica colta possa abbracciare femminismo e giustizia sociale, superando paure reazionarie.
Per superare questa impasse, Riondino auspica un ponte tra artisti e politici, usando cultura per educare contro patriarcato e ignoranza. La sua traiettoria – da Taranto a teatri nazionali – dimostra come l'impegno culturale possa influenzare politica, ispirando generazioni a pretendere leader informati e sensibili.
