Un tribunale militare di Yekaterinburg ha condannato cinque attivisti marxisti del Bashkortostan a pene tra 16 e 22 anni per accuse di terrorismo e tentato colpo di stato. Il caso
Il Verdetto del Tribunale Militare
Il tribunale militare del Distretto Centrale di Yekaterinburg ha emesso sentenze severe contro cinque uomini definiti marxisti, membri di un club di discussione di sinistra proveniente dalla repubblica vicina del Bashkortostan. Arrestati nel marzo 2022, un mese dopo l'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, gli imputati sono stati accusati di aver formato un gruppo terroristico e di aver pianificato un colpo di stato violento per instaurare un 'governo sovietico'. Le condanne variano da 16 a 22 anni di reclusione in colonie penitenziarie di massima sicurezza, con i procuratori che avevano richiesto pene tra 20 e 24 anni. Questo verdetto conclude un processo iniziato a dicembre 2023, segnando un capitolo significativo nella lotta del governo russo contro il dissenso percepito come sovversivo.
Gli accusati, di età compresa tra i 40 e i 66 anni, hanno sempre negato le imputazioni, sostenendo che le loro discussioni fossero puramente teoriche su una possibile rivoluzione, senza intenzioni di violenza concreta. In aula, dopo la lettura delle sentenze, hanno gridato 'fascisti' ai giudici, definendo il processo una 'esecuzione silenziosa' e una repressione contro i comunisti. Tra loro figurano figure come il pensionato Yuri Yefimov di 66 anni, l'attivista Rinat Burkeyev di 40 anni e Pavel Matisov di 49 anni, quest'ultimo con un passato di combattente al fianco dei ribelli pro-Cremlino nell'Ucraina orientale dal 2014. Il testimone chiave, Sergei Sapozhnikov, un naturalizzato russo anch'egli ex combattente per i separatisti, si è unito al gruppo prima di rivoltarsi contro di loro, fornendo prove decisive per l'accusa.
Il contesto del processo riflette un clima di tensione politica in Russia, dove discussioni ideologiche di sinistra vengono interpretate come minacce concrete alla sicurezza nazionale. Mediazona, outlet indipendente in esilio, ha riportato i dettagli del caso, evidenziando come le autorità abbiano collegato le conversazioni del club a piani terroristici. Questo episodio non è isolato, ma si inserisce in una serie di procedimenti giudiziari contro oppositori, alimentando dibattiti su libertà di espressione e uso selettivo delle leggi anti-terrorismo in tempo di guerra.
