Narges Mohammadi
Chi è Narges Mohammadi e il suo impegno per i diritti umani
Narges Mohammadi è una delle figure più emblematiche della difesa dei diritti umani in Iran, nota per il suo coraggioso attivismo contro la pena di morte, la discriminazione di genere e le violazioni sistematiche dei diritti civili. Dal 2009, ha subito molteplici arresti e condanne da parte delle autorità iraniane, accumulando una pena complessiva di oltre 13 anni e nove mesi di prigione per accuse legate al suo lavoro umanitario. La sua dedizione l'ha resa un simbolo internazionale, culminata nel conferimento del Premio Nobel per la Pace nel 2023, assegnato proprio per il suo impegno non violento contro l'oppressione. Mohammadi ha continuato a denunciare le atrocità del regime anche dalle celle del carcere di Evin, scrivendo lettere e comunicati che hanno sensibilizzato l'opinione pubblica mondiale. La sua resistenza pacifica ha ispirato generazioni di attivisti iraniani, nonostante le minacce continue alla sua vita e alla sua salute.
Nonostante le restrizioni, Mohammadi ha fondato reti di supporto per i prigionieri politici e le famiglie delle vittime di esecuzioni sommarie, sfidando apertamente le leggi repressive sull'hijab obbligatorio e la segregazione di genere. Le sue azioni hanno incluso petizioni contro le esecuzioni di massa e appelli per la liberazione dei detenuti politici, spesso condotti in sciopero della fame per protestare contro le condizioni carcerarie disumane. Organizzazioni come PEN International hanno documentato come le sue condanne siano state emesse in processi farsa, privi di garanzie procedurali, con pene aggiuntive come flagellazioni e esili interni. Il suo caso esemplifica la repressione sistematica contro la società civile iraniana, dove ogni forma di dissenso è criminalizzata come 'propaganda contro lo Stato'. La Nobel ha sempre rifiutato di piegarsi, affermando che la sua lotta è un atto di disobbedienza civile necessaria.
L'impatto del suo lavoro si estende oltre i confini iraniani: ha ricevuto riconoscimenti da governi e ONG globali, spingendo l'ONU a monitorare più da vicino le violazioni dei diritti umani nel paese. Mohammadi ha denunciato come il regime utilizzi la detenzione arbitraria per silenziare le voci critiche, specialmente dopo le proteste del 2022 seguite alla morte di Mahsa Amini. La sua persistenza, nonostante la separazione forzata dai figli gemelli dal 2015, ha reso il suo profilo un faro di speranza per i movimenti pro-democrazia. Fonti attendibili confermano che le autorità hanno intensificato le pressioni su di lei dal 2024, con minacce di 'eliminazione fisica' da parte di agenti di intelligence.
