Rom Braslavski, giovane israeliano rapito da Hamas il 7 ottobre 2023 durante l’attacco al festival Nova, è stato liberato dopo 738 giorni di prigionia. Al festival Atreju di Roma, ha condiviso la sua testimonianza di sofferenza e coraggio, denunciando le torture subite e gli orrori vissuti. La sua storia rappresenta un monito contro la violenza e un appello alla memoria e alla giustizia.
Il rapimento e la prigionia di Rom Braslavski
Il 7 ottobre 2023, durante un attacco coordinato da Hamas al confine con Gaza, Rom Braslavski, ventunenne di Gerusalemme, è stato rapito mentre lavorava come guardia di sicurezza al festival musicale Nova. Nel tentativo di aiutare i partecipanti a mettersi in salvo, Braslavski è stato ferito e catturato dai miliziani, dando inizio a una prigionia durata 738 giorni, segnata da violenze e sofferenze inimmaginabili. La sua storia è emersa grazie a testimonianze e video diffusi nel corso della detenzione, che ne hanno documentato le condizioni critiche e le torture subite [Mosaico].
Durante la prigionia, Braslavski ha subito maltrattamenti fisici e psicologici estremi, inclusi pestaggi e torture sistematiche, soprattutto dopo aver rifiutato di convertirsi all’Islam. Il giovane ha raccontato di essere stato colpito con violenza e di aver vissuto momenti di disperazione profonda, pregando di poter morire pur di sfuggire a quell’inferno. Le condizioni di detenzione erano disumane, con scarsità di cibo e acqua e continui abusi da parte dei carcerieri della Jihad Islamica palestinese [Moked].
Il rapimento di Braslavski si inserisce in un quadro più ampio di violenze e crimini di guerra documentati dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che ha visto il rapimento di oltre 250 ostaggi, molti dei quali sottoposti a trattamenti brutali. Amnesty International ha denunciato le condizioni di detenzione e le violenze inflitte agli ostaggi, tra cui Braslavski, che in un video appariva emaciato e in condizioni critiche, implorando la propria vita [Il Fatto Quotidiano].
La liberazione e il ritorno alla vita
Il 13 ottobre 2025, dopo oltre due anni di prigionia, Rom Braslavski è stato finalmente liberato e riportato in libertà. Il suo ritorno è stato accolto con grande emozione e applausi, in particolare durante la sua partecipazione al festival Atreju a Roma, dove ha potuto raccontare pubblicamente la sua esperienza per la prima volta. Accompagnato dal padre, ha descritto con lucidità e dolore gli orrori visti e vissuti durante il rapimento, sottolineando la brutalità dell’attacco e la sofferenza inflitta a donne, bambini e anziani [YouTube - Atreju].
Il giovane ha ricordato come la sua prigionia non sia stata solo una prova fisica, ma soprattutto spirituale, con cicatrici profonde che ancora oggi lo accompagnano. Nonostante ciò, Braslavski ha mostrato una straordinaria forza d’animo, dichiarando di essere nato e di voler morire ebreo, rifiutando ogni tentativo di annullamento della sua identità. La sua testimonianza è un monito contro l’odio e la violenza, ma anche un invito a non dimenticare le vittime di quel tragico evento [Shalom].
La liberazione di Braslavski si inserisce in un contesto di continue trattative e pressioni internazionali per il rilascio degli ostaggi ancora detenuti da Hamas. Israele e le organizzazioni umanitarie continuano a chiedere un cessate il fuoco e la liberazione immediata di tutte le persone rapite, sottolineando l’importanza di rispettare i diritti umani e il diritto internazionale umanitario [Euronews].
La testimonianza al festival Atreju: un messaggio di coraggio e memoria
La partecipazione di Rom Braslavski al festival Atreju ha rappresentato un momento di grande impatto emotivo e simbolico. Dal palco, il giovane ha raccontato con parole dirette e commoventi la sua esperienza, descrivendo gli orrori dell’attacco del 7 ottobre e la brutalità della prigionia. Ha parlato di donne giovanissime uccise, di corpi ammassati e di sangue ovunque, dipingendo un quadro drammatico che ha colpito profondamente il pubblico presente [Corriere della Sera].
Braslavski ha inoltre sottolineato il valore della testimonianza come strumento per mantenere viva la memoria di quanto accaduto e per impedire che simili tragedie si ripetano. Il suo racconto è stato accolto con applausi e riconoscimenti, segno di solidarietà e vicinanza da parte della società civile e delle istituzioni presenti. L’evento ha avuto anche il merito di sensibilizzare l’opinione pubblica italiana e internazionale sulla situazione degli ostaggi e sulle violazioni dei diritti umani in contesti di conflitto.
L’incontro è stato organizzato con il supporto di esponenti politici e associazioni impegnate nella difesa dei diritti umani, che hanno ribadito l’importanza di sostenere le vittime e di promuovere iniziative di pace. La presenza di Braslavski ad Atreju ha così assunto un valore simbolico, rappresentando la resistenza di un giovane che ha saputo trasformare la sofferenza in un messaggio di speranza e di impegno civile [Shalom].
Il contesto internazionale e le implicazioni umanitarie
L’attacco del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas ha avuto ripercussioni profonde e durature sul piano internazionale, suscitando condanne e preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. La cattura di oltre 250 ostaggi, tra cui Rom Braslavski, ha acceso un dibattito globale sulla necessità di proteggere i civili e garantire il rispetto delle norme in situazioni di conflitto armato [Il Fatto Quotidiano].
Organizzazioni come Amnesty International hanno documentato crimini di guerra e gravi maltrattamenti inflitti agli ostaggi, denunciando la detenzione in condizioni disumane e le torture sistematiche. La comunità internazionale continua a sollecitare un cessate il fuoco e il rilascio immediato degli ostaggi, sottolineando l’importanza di un approccio umanitario e della tutela dei diritti fondamentali anche in contesti di guerra [Amnesty Italia].
La vicenda di Rom Braslavski e degli altri ostaggi rappresenta un monito per la comunità internazionale sull’urgenza di prevenire simili tragedie e di sostenere le vittime di conflitti armati. Il caso ha inoltre evidenziato la complessità delle dinamiche geopolitiche in Medio Oriente e la necessità di un impegno costante per la pace e la giustizia, attraverso il dialogo e la cooperazione multilaterale.
