L'incubo delle tredicenni trevigiane
Un incubo fatto di ricatti, minacce e immagini intime rubate. È quello che hanno vissuto due tredicenni di Treviso nell'estate del 2020, vittime di un 22enne di origine pakistana, all'epoca residente a Prato, ora a processo con l'accusa di pornografia minorile. La vicenda, emersa dalle indagini dei Carabinieri a seguito della denuncia di una delle madri, ha sconvolto la comunità locale e riapre il delicato tema della sicurezza online e della protezione dei minori. L'uomo, secondo la ricostruzione degli inquirenti, aveva adescato le due ragazzine attraverso diversi profili Instagram, guadagnandosi la loro fiducia con l'inganno.
La trappola di Instagram e le minacce
Il modus operandi era sempre lo stesso: dopo aver instaurato un rapporto di amicizia virtuale, il 22enne iniziava a chiedere alle ragazzine foto e video in abiti succinti, per poi spingersi oltre, richiedendo materiale sempre più esplicito. Quando le vittime, spaventate, si rifiutavano di assecondare le sue richieste, scattava il ricatto. L'uomo minacciava di diffondere le immagini intime ai compagni di classe, gettandole nel panico e costringendole a cedere alle sue pretese. Una spirale di terrore che ha avuto conseguenze devastanti sulla vita delle due adolescenti. La piattaforma Instagram, in questo caso, si è rivelata un terreno fertile per l'adescamento, evidenziando la necessità di una maggiore consapevolezza e controllo da parte dei genitori sull'utilizzo dei social network da parte dei figli. Come sottolinea Telefono Azzurro, associazione da anni impegnata nella tutela dei minori, "è fondamentale educare i ragazzi a un uso consapevole del web, insegnando loro a riconoscere i pericoli e a proteggere la propria privacy" (fonte: Telefono Azzurro).
La testimonianza straziante della madre
Ieri mattina, nell'aula del tribunale di Treviso, si è consumato un momento particolarmente toccante. La madre di una delle due vittime ha ripercorso, con la voce rotta dall'emozione, i momenti in cui ha scoperto l'incubo che stava vivendo la figlia. Ha raccontato di essere stata svegliata nel cuore della notte dalla ragazzina, in preda a una crisi respiratoria e in lacrime, che le implorava di fermare l'aguzzino. La madre, leggendo le chat sul cellulare della figlia, ha scoperto le minacce e i ricatti, decidendo immediatamente di denunciare l'accaduto ai Carabinieri. La testimonianza della donna ha gettato una luce cruda sulla sofferenza delle vittime e sull'importanza di non sottovalutare i segnali di disagio dei propri figli. Come afferma Alberto Pellai, psicoterapeuta dell'età evolutiva, "i genitori devono essere attenti ai cambiamenti di umore, all'isolamento e alla difficoltà di concentrazione dei figli, che potrebbero essere campanelli d'allarme di una situazione di pericolo" (fonte: Alberto Pellai).
Il processo e le conseguenze legali
L'analisi del traffico telefonico ha confermato il coinvolgimento del 22enne e ha rivelato che anche un'altra coetanea, residente nel Trevigiano, aveva subito lo stesso trattamento. I genitori delle due vittime si sono costituiti parte civile nel processo, chiedendo giustizia per i danni subiti dalle figlie. L'imputato rischia una pena severa per i reati di pornografia minorile e ricatto. La vicenda di Treviso rappresenta un monito per tutti: la sicurezza online dei minori è una priorità assoluta e richiede un impegno congiunto da parte di genitori, istituzioni e piattaforme social.
