Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, ha rilasciato un'intervista esclusiva a Il Foglio, ripercorrendo la sua carriera, le sue convinzioni e, soprattutto, l'attentato subito. L'intervista offre uno spaccato inedito sulla figura di Ranucci, svelando dettagli sulla sua entrata in Rai, le sue affiliazioni politiche passate e presenti, e la sua visione del futuro. Un elemento chiave emerso è la sua ferma convinzione che l'attentato di cui è stato vittima non abbia alcuna matrice politica.
Gli inizi in Rai e la politica
Ranucci non ha nascosto di essere entrato in Rai nel 1989 grazie a una "raccomandazione", ammettendo di aver beneficiato del favore della segretaria di un dirigente a cui dava lezioni di tennis. Un'ammissione che contrasta con l'immagine di giornalista d'inchiesta indipendente che si è costruito nel tempo. Ha poi rivelato di aver avuto una sola tessera di partito, quella della Dc, quando era ragazzo, sottolineando di non esserne stato pienamente consapevole. Oggi si definisce "un cattocomunista", con "idee vicine alla destra legalitaria", una posizione che riflette la sua complessità ideologica. Questa dichiarazione contrasta con l'immagine che alcuni potrebbero avere di lui, etichettandolo come schierato politicamente.
L'attentato e le minacce
Il conduttore di Report ha parlato apertamente delle minacce ricevute e dell'attentato subito, rivelando che prima di quella notte si erano verificati ben undici episodi intimidatori. Nonostante la gravità della situazione, Ranucci ha escluso categoricamente una matrice politica dell'attentato: "L'unica cosa certa è che la politica non c'entra assolutamente nulla". Questa affermazione, che rappresenta il fulcro dell'intervista, è particolarmente significativa perché proviene da una figura che ha fatto dell'inchiesta giornalistica il suo marchio di fabbrica. Ranucci non ha fornito ulteriori dettagli sui possibili moventi, lasciando spazio a diverse interpretazioni.
Futuro e rapporti con i partiti
Ranucci ha escluso categoricamente un suo futuro in politica, affermando di non essere interessato a intraprendere una carriera istituzionale. Ha rivelato di aver ricevuto diverse proposte, "un po' più importanti" di un ruolo da sindaco, ma di averle sempre rifiutate. Sul sostegno dei partiti, si è detto scettico, sottolineando che "questi attestati di stima sono sempre da prendere con le pinze". Ha poi precisato che una parte dei 5 Stelle ha sempre pensato che Report fosse "roba loro", ma che in realtà non è così. Questa dichiarazione evidenzia la sua volontà di mantenere un'indipendenza critica nei confronti di tutte le forze politiche. Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano, ha spesso difeso il lavoro di Report, sottolineando l'importanza del giornalismo d'inchiesta per la democrazia.
La Rai e il giornalismo d'inchiesta
L'intervista a Ranucci offre anche uno spaccato sulla situazione della Rai e sul ruolo del giornalismo d'inchiesta. Il conduttore di Report ha sempre difeso l'importanza di un servizio pubblico indipendente e capace di affrontare temi scomodi. Il suo lavoro, spesso al centro di polemiche e attacchi, testimonia la difficoltà di fare giornalismo d'inchiesta in un contesto politico e mediatico complesso. Giovanni Floris, giornalista e conduttore televisivo, ha più volte sottolineato la necessità di tutelare il giornalismo d'inchiesta, definendolo un presidio fondamentale per la libertà di informazione.
