Naja: un'ombra lunga su gioventù e società

Pubblicato: 23/11/2025, 08:01:014 min
Scritto da
Gaetano Logatto
Categoria: Cronaca
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Naja: un'ombra lunga su gioventù e società

Il mito e la realtà del servizio di leva

Il servizio di leva, la cosiddetta "naja", evoca nella memoria collettiva italiana un periodo complesso, intriso di nostalgia e rimpianti. Per molti, ha rappresentato un rito di passaggio, un'esperienza formativa, seppur dura, che ha segnato l'ingresso nell'età adulta. Per altri, invece, è stato un periodo di sofferenza, di perdita di tempo e, in alcuni casi, di abusi e ingiustizie. La retorica del "bei tempi" si scontra spesso con la realtà di un sistema che, pur con le sue finalità di difesa nazionale, ha lasciato cicatrici profonde nella società. La fine della leva obbligatoria nel 2005 ha segnato un punto di svolta, aprendo un dibattito ancora aperto sull'efficacia e la necessità di un esercito professionale rispetto a uno di coscritti. Luigi Epomiceno, in un suo articolo, ricorda come, nelle famiglie pugliesi del dopoguerra, l'esperienza del servizio militare fosse spesso evocata per rimproverare pigrizia o vizi, sottolineando il contrasto tra le difficoltà affrontate durante la guerra e la "comodità" della vita moderna. Questo aneddoto evidenzia come la naja fosse percepita come una sorta di "cura" per i giovani viziati, un modo per temprarli e prepararli alla vita. Tuttavia, questa visione idealizzata non tiene conto delle ombre che spesso accompagnavano il servizio di leva.

Abusi e violenze: il lato oscuro della caserma

Dietro la facciata di disciplina e cameratismo, si celavano spesso episodi di nonnismo, abusi di potere e violenze fisiche e psicologiche. Le caserme, luoghi isolati e spesso privi di controllo, diventavano terreno fertile per dinamiche perverse, dove i soldati più anziani esercitavano la loro autorità sui nuovi arrivati, infliggendo loro umiliazioni e sofferenze. Questi episodi, spesso taciuti per paura di ritorsioni o per omertà, rappresentano una macchia indelebile sulla storia del servizio di leva. Giovanni De Luna, storico e autore di numerosi saggi sulla storia italiana del Novecento, ha sottolineato come il servizio militare, pur con la sua funzione di integrazione nazionale, abbia anche contribuito a perpetuare modelli di mascolinità tossica e di violenza. La competizione, la sopraffazione e l'omologazione erano spesso promosse come valori positivi, a discapito del rispetto, dell'empatia e della diversità. Il nonnismo, in particolare, era tollerato e persino incoraggiato come un modo per "fare l'uomo", perpetuando un ciclo di violenza che si autoalimentava.

Diserzione e obiezione di coscienza: il rifiuto della naja

Non tutti i giovani accettavano passivamente il servizio di leva. Molti, per motivi ideologici, religiosi o personali, si rifiutavano di indossare la divisa, scegliendo la diserzione o l'obiezione di coscienza. La diserzione, punita severamente con la reclusione militare, rappresentava un atto di ribellione radicale contro l'autorità dello Stato. L'obiezione di coscienza, riconosciuta legalmente solo a partire dagli anni '70, consentiva ai giovani di svolgere un servizio civile alternativo, ma spesso comportava discriminazioni e pregiudizi. La figura dell'obiettore di coscienza, come analizzato da Norberto Bobbio nei suoi scritti sulla pace e la nonviolenza, rappresenta un esempio di resistenza civile e di impegno per i valori di giustizia e di solidarietà. L'obiezione di coscienza, pur essendo un diritto individuale, ha avuto un impatto significativo sulla società italiana, contribuendo a sensibilizzare l'opinione pubblica sui temi della pace, del disarmo e dei diritti umani.

Le conseguenze psicologiche e sociali

L'esperienza del servizio di leva, sia positiva che negativa, ha avuto un impatto significativo sulla vita dei giovani italiani. Per alcuni, ha rappresentato un'occasione di crescita personale, di scoperta di sé e di costruzione di legami di amicizia duraturi. Per altri, invece, ha lasciato ferite profonde, traumi psicologici e difficoltà di reinserimento nella vita civile. Le conseguenze sociali del servizio di leva sono state altrettanto rilevanti. La naja ha contribuito a plasmare l'identità nazionale, a rafforzare il senso di appartenenza alla comunità e a promuovere valori come la disciplina, il sacrificio e il rispetto delle regole. Tuttavia, ha anche perpetuato stereotipi di genere, discriminazioni sociali e disuguaglianze territoriali. La fine della leva obbligatoria ha aperto una nuova fase nella storia italiana, caratterizzata da un esercito professionale, da una maggiore attenzione ai diritti individuali e da un dibattito più aperto sui temi della difesa, della sicurezza e della pace. Tuttavia, le ombre del passato continuano a proiettarsi sul presente, ricordandoci che la memoria del servizio di leva è un patrimonio complesso e contraddittorio, che merita di essere analizzato e compreso a fondo.

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