Tregua fragile, tensioni al confine e voto Onu

Pubblicato: 17/11/2025, 08:02:174 min
Scritto da
Gaetano Logatto
Categoria: Esteri
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Tregua fragile, tensioni al confine e voto Onu

La situazione a Gaza: tra tregua e attacchi

La Striscia di Gaza continua a vivere una fase di estrema instabilità, nonostante il cessate il fuoco entrato in vigore il 10 ottobre. Secondo i dati del Ministero della Salute palestinese, da allora Israele ha ucciso almeno 242 palestinesi e ne ha feriti 622, con attacchi segnalati in 25 dei 31 giorni di tregua. L’analisi di Al Jazeera conferma che solo sei giorni sono trascorsi senza violenze, morti o feriti. La cosiddetta “linea gialla”, che delimita le aree sotto il controllo dell’esercito israeliano, è diventata il teatro di continui raid aerei e incursioni, soprattutto nelle zone settentrionali di Rafah e nel quartiere di Zeitun a Gaza City. I residenti raccontano di vivere a pochi metri dalla linea gialla, dove la situazione peggiora di giorno in giorno: demolizioni di edifici, attacchi improvvisi e un clima di panico diffuso. La crisi umanitaria è aggravata dalle condizioni invernali, che rendono ancora più difficile la vita per le centinaia di migliaia di palestinesi sfollati. Secondo EMERGENCY, il 90% degli edifici nella Striscia non esiste più, il sistema sanitario è al collasso e le necessità di cibo, acqua e medicine sono enormi. Nonostante la tregua, la popolazione continua a subire le conseguenze di un conflitto che non si è mai davvero fermato.

Le dichiarazioni di Israele e le reazioni internazionali

Il governo israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu, ha ribadito la propria posizione: non ci sarà uno Stato palestinese, né a ovest del Giordano né altrove. Il ministro della Difesa, Israel Katz, ha dichiarato che le Forze della difesa israeliane (Idf) resteranno nelle zone strategiche di Gaza e che il disarmo di Hamas avverrà “con le buone o con le cattive”. Il capo di Stato Maggiore delle Idf, Eyal Zamir, ha spiegato che l’esercito deve essere pronto a occupare il territorio oltre la linea gialla e a stabilire rapidamente il controllo operativo delle aree chiave. L’obiettivo, secondo Zamir, è impedire la rinascita di Hamas e garantire che il regime non esista più al di là del confine. Queste dichiarazioni sono state accompagnate da nuove tensioni al confine tra Israele e Libano, dove l’Idf ha aperto il fuoco contro il contingente Unifil dell’Onu, senza causare feriti. La forza di interposizione ha denunciato di essere stata bersaglio di tiri da parte delle forze armate israeliane, aggiungendo ulteriore tensione a una situazione già fragile. La Russia ha annunciato che presenterà una risoluzione alternativa a quella degli Stati Uniti, che menziona esplicitamente la soluzione a due Stati come conclusione del conflitto. Tuttavia, un’intesa appare improbabile, soprattutto dopo il no di Riad a una normalizzazione dei rapporti con il governo Netanyahu.

Il voto all’Onu e le prospettive future

Oggi è previsto il voto all’Onu sulla risoluzione americana, che non include la soluzione a due Stati. La Russia, invece, punta a una risoluzione che riconosca esplicitamente il diritto dei palestinesi a uno Stato indipendente. Le fazioni palestinesi hanno respinto qualsiasi clausola relativa al disarmo di Gaza o che leda il diritto alla resistenza, e hanno anche rifiutato qualsiasi presenza militare straniera nella Striscia, che considerano una violazione della sovranità palestinese. Queste posizioni rendono ancora più complessa la ricerca di una soluzione duratura al conflitto. Intanto, Hamas ha richiamato 7mila membri delle sue forze di sicurezza per riaffermare il controllo sulle aree di Gaza recentemente abbandonate dall’Idf. Il rilascio degli ostaggi israeliani dovrebbe iniziare nelle prime ore di lunedì, ma la situazione rimane incerta. La presenza di migliaia di palestinesi che si sono mossi verso nord per tornare dove un tempo sorgevano le loro case testimonia la volontà di ripartire, ma anche la difficoltà di farlo in un contesto di crisi umanitaria e instabilità politica.

Le conseguenze umanitarie e la solidarietà internazionale

La situazione a Gaza è drammatica: mancano cibo, servizi essenziali e accesso all’acqua potabile. Il sistema sanitario è al collasso e le necessità umanitarie sono enormi. EMERGENCY ha sottolineato che ora più che mai bisogna continuare ad aiutare la popolazione palestinese, soprattutto dopo l’annuncio del governo israeliano di approvare un piano di escalation militare e di affidare la distribuzione degli aiuti umanitari a compagnie private. Questa decisione rischia di aggravare ulteriormente la crisi, rendendo ancora più difficile l’accesso agli aiuti per le persone più vulnerabili. La solidarietà internazionale è fondamentale per affrontare questa emergenza, ma anche per sostenere la ricerca di una soluzione politica al conflitto. La comunità internazionale è chiamata a intervenire con maggiore determinazione, per garantire la sicurezza delle popolazioni civili e per promuovere una pace duratura nella regione.

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