Putin, secondo i funzionari americani, avrebbe dichiarato di essere disposto a rinunciare al controllo su alcune aree delle regioni di Zaporizhzhia e Cherson in cambio del pieno controllo russo sul Donetsk, territorio strategicamente cruciale e simbolico per Mosca. La richiesta, seppur meno ampia rispetto alle pretese avanzate in passato, conferma la volontà russa di consolidare la propria presenza nel Donbass, regione al centro delle tensioni dal 2014. Tuttavia, la cessione di un’intera oblast’ rappresenterebbe una sconfitta politica e territoriale senza precedenti per l’Ucraina, che finora ha sempre rifiutato qualsiasi compromesso che implichi la perdita di sovranità.
Reazioni internazionali e la posizione di Kiev
La notizia della richiesta di Putin ha immediatamente sollevato reazioni contrastanti nel panorama internazionale. Da una parte, alcuni osservatori vedono in questa mossa un tentativo di Mosca di testare la disponibilità occidentale a negoziare, sfruttando la figura di Trump come possibile mediatore. Dall’altra, la leadership ucraina ha ribadito con fermezza la propria intransigenza: Volodymyr Zelensky ha dichiarato che l’Ucraina “non darà mai ai terroristi alcuna ricompensa per i loro crimini”, sottolineando come la guerra continui solo perché la Russia non vuole porvi fine. Il presidente ucraino ha anche ricordato che Kiev ha più volte proposto un cessate il fuoco senza condizioni e cercato occasioni di dialogo, ma che Mosca ha sempre risposto intensificando gli attacchi e manipolando i negoziati. Zelensky ha inoltre rinnovato l’appello agli alleati occidentali, chiedendo “passi decisivi” da parte di Stati Uniti, Europa, G20 e G7, perché “Putin non può essere fermato con le parole”. La difesa dell’integrità territoriale dell’Ucraina rimane un punto non negoziabile per Kiev, che conta sul sostegno militare e diplomatico dei partner atlantici. Intanto, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, insieme ai leader di Francia, Regno Unito, NATO e UE, ha ribadito l’urgenza di una “pace giusta e duratura”, impegnandosi ad ampliare il sostegno a Kiev e ad aumentare la pressione su Mosca.
Il fronte militare: escalation e nuovi obiettivi
Mentre la diplomazia cerca una via d’uscita, sul campo la situazione rimane drammaticamente instabile. Nelle ultime ore, unità russe hanno consolidato il controllo sulla cittadina di Pleshcheyevka, nel Donetsk, dopo una nuova offensiva che, secondo Mosca, avrebbe causato la morte di oltre 1.500 soldati ucraini nelle ultime 24 ore. Questa avanzata conferma la determinazione russa a conquistare il Donbass, anche a costo di pesanti perdite umane. Dall’altra parte, le forze ucraine continuano a rispondere colpendo obiettivi nelle regioni occupate: un attacco con drone nella regione di Cherson ha causato due vittime tra i civili, secondo quanto riportato dal governatore filorusso Vladimir Saldo. La spirale di violenza sembra non conoscere tregua, con entrambe le parti impegnate in una guerra di logoramento che colpisce sempre più spesso infrastrutture civili e popolazione. Particolarmente significativo è l’attacco russo alla città di Kryvyi Rih, dove decine di droni Shahed hanno colpito infrastrutture energetiche, provocando oltre dieci esplosioni in una sola notte. Secondo il capo del Consiglio di difesa locale, Oleksandr Vilkul, la Russia sta conducendo una “sistematica campagna di terrore” contro il settore energetico ucraino, con l’obiettivo di indebolire la resistenza del paese anche durante l’inverno. Zelensky ha denunciato che “non è passata una sola notte nelle ultime settimane senza che la Russia abbia attaccato l’Ucraina”, sottolineando come la maggior parte degli obiettivi siano proprio infrastrutture civili.
Il nodo diplomatico: tra mediazione e sfiducia
La richiesta di Putin a Trump riapre il dibattito sul ruolo degli Stati Uniti e dell’Occidente nella mediazione del conflitto. La scelta di rivolgersi direttamente a Trump, figura controversa e fuori dalle istituzioni ufficiali americane, solleva interrogativi sulle reali intenzioni del Cremlino: si tratta di una mossa tattica per dividere il fronte occidentale, o di un tentativo genuino di trovare una via d’uscita? La risposta non è scontata, soprattutto considerando la diffidenza di Kiev verso qualsiasi trattativa che non preveda il ritiro completo delle truppe russe dai territori occupati. Intanto, la comunità internazionale si interroga sull’efficacia delle sanzioni e delle pressioni diplomatiche finora adottate. Se da un lato l’UE e la NATO ribadiscono il proprio sostegno all’Ucraina, dall’altro cresce la preoccupazione per un possibile stallo del conflitto, con conseguenze imprevedibili per la sicurezza europea. La richiesta di Putin, se confermata, potrebbe rappresentare un banco di prova per la coesione atlantica e per la capacità dell’Occidente di mantenere una posizione unitaria di fronte alle provocazioni del Cremlino.
Prospettive e scenari possibili
Alla luce degli ultimi sviluppi, il conflitto tra Russia e Ucraina sembra entrare in una nuova fase, caratterizzata da un mix di escalation militare e tentativi di mediazione informale. La richiesta di Putin sul Donetsk, se da un lato potrebbe aprire uno spiraglio negoziale, dall’altro rischia di approfondire la frattura tra Kiev e Mosca, rendendo ancora più difficile qualsiasi soluzione politica. La posizione dell’Ucraina, sostenuta dalla maggior parte dei paesi occidentali, rimane ferma: nessuna cessione territoriale in cambio di una tregua. Nel frattempo, la guerra continua a colpire duramente la popolazione civile, con attacchi sistematici alle infrastrutture energetiche e una crescente instabilità nelle regioni di frontiera. La comunità internazionale si trova di fronte a una scelta cruciale: intensificare il sostegno militare ed economico a Kiev, oppure spingere per un negoziato che, nelle condizioni attuali, rischia di premiare l’aggressore. In questo contesto, la richiesta di Putin a Trump rappresenta non solo una sfida per la diplomazia, ma anche un test per la solidità dell’alleanza occidentale e per la credibilità delle istituzioni internazionali. La situazione rimane fluida e imprevedibile. Mentre i leader occidentali si riuniscono per coordinare la risposta, sul campo si combatte una guerra che sembra destinata a protrarsi, con conseguenze sempre più gravi per la stabilità dell’Europa e del mondo. La posta in gioco, oggi più che mai, è la difesa dell’ordine internazionale basato sul diritto e sul rispetto della sovranità degli Stati.
